Ci fu un aprile in cui pioveva, pioveva, pioveva. Pioveva anche sull’ombrello di Ciccio, che era la sua casa.
Ciccio viveva sotto un ombrello, al bordo di un giardino pubblico. Ci viveva quando pioveva e quando c’era il sole.
Lo chiudeva solo nei giorni di vento forte, perché non volasse via, e in certi giorni di primavera, quando il cielo era chiaro e leggero come la felicità.
Dunque, in quell’aprile c’era poca gente in giro e i pochi che c’erano camminavano svelti sotto il loro ombrello.
Nella piazza si fermò un autobus e ne scese una ragazza dal vestito azzurro che non aveva l’ombrello.
La ragazza cominciò a correre di qua e di là in cerca di un riparo.
– Scusi, posso stare sotto il suo ombrello? – chiese a un signore di passaggio.
– Figuriamoci, l’ombrello serve a me! – disse quello, an- dandosene in fretta.
La ragazza provò con altri due o tre, ma nessuno la stava a sentire. Così, con il suo vestito azzurro inzuppato, se ne stava ferma sul marciapiede, sotto la pioggia che cadeva e cadeva.
– Vuole stare un po’ sotto il mio ombrello? – le chiese
Ciccio, che aveva visto la scena.
– Sì, grazie! – lei disse, ed entrò nella casa di Ciccio.
La pioggia continuò per quasi due ore e nella casa di Ciccio la ragazza parlava, parlava, e Ciccio la ascoltava
e rideva, e anche lui le raccontava delle cose della sua vita, e la ragazza rideva.
Poi la pioggia finì.
– Be’, ora vado – disse la ragazza. Fece due passi, poi tornò indietro: – Oh, scusa, quasi dimenticavo di ringraziarti. Anzi, voglio farti un dono! Cosa vuoi?
– Un dono? Mah, non saprei… – disse Ciccio, che non era abitua- to a ricevere doni. – Magari, pensalo tu, per me…
– Pensato! – disse lei. – Però non te lo dico, così sarà una sorpresa! E corse via. Ciccio sorrise: che ragazza strana, pensò. Poi un raggio di sole lo colpì. Come poteva accadere, se Ciccio era sotto l’ombrel- lo? Forse il cielo stava tornando sereno. Invece no: il cielo era tutto grigio, sembrava anzi che stesse per riprendere la pioggia.
Ma allora, da dove veniva quel sole?
Ciccio, perplesso, guardò in alto, e non vide la tela del suo ombrel- lo, non vide il tetto rotondo della sua casa, ma un cerchio di cielo azzurro, con poche nuvole bianche, e un bel sole tiepido che gli asciugava i capelli.
Era sereno, sopra la sua casa.
E Ciccio, contento, se ne rimase là, nel suo cerchio di sole, mentre fuori ricominciava a piovere, e la gente riapriva gli ombrelli, e se ne andava in fretta, brontolando, lungo i marciapiedi.
R. Piumini, in Malhid e gli altri, Rai Eri