La regina triste

Sembrava non esserci alcun modo per vedere la regina sorridere.

Da quanto si svegliava al mattino, e scendeva nella sala da pranzo per la grandiosa colazione che ogni giorno le veniva servita con tutte le cose che più le piacevano, a quando la sera andava a coricarsi dopo una cena altrettanto prelibata, la donna aveva sempre un’espressione piena di tristezza e di malinconia.

Tanto che ormai nel regno veniva chiamata la “regina triste”.

Tutti sapevano il motivo di quella eterna tristezza: da tempo la donna voleva avere un figlio, ma quel bambino non arrivava mai.

Un principino o una principessina era tutto ciò che mancava a una vita di ricchezza e di felicità.

Il re, però, non sopportava di vederla così e ogni giorno tentava di rassicurarla: «Il nostro amore è forte, vedrai che presto avremo una buona notizia!»

Un giorno decise di fare di più. Indisse un concorso per tutti i saltimbanchi del regno. Chi fosse riuscito a strappare un sorriso alla regina sarebbe stato ricoperto d’oro.

La mattina dopo il castello fu preso d’assalto. Alla porta c’erano decine, se non centinaia di comici e di saltimbanchi, venuti lì per un unico scopo: far sorridere, se non addirittura ridere, la regina.

Arrivarono menestrelli, mimi, pagliacci…

Ma nessuno riusciva nell’impresa: la Regina, seduta nel suo trono, aveva sempre quella sua espressione triste.

Ogni tanto il re le prendeva la mano e le diceva: «Sono proprio divertenti, questi saltimbanchi, non è vero?»

La moglie si limitava a un cenno della testa, ma di un sorriso neanche l’ombra.

Poi giunse una donna del popolo. Era vestita di stracci e aveva anche lei un’espressione triste, proprio come quella della regina.

«Io so di non potervi far ridere, mia regina. Perché sono triste quanto voi.»

E le raccontò la sua storia: anche lei voleva tanto un figlio, che però non arrivava mai.

La regina, alla fine, aveva il volto rigato di lacrime, ma fece un sorriso e corse ad abbracciarla. «Grazie» le mormorò.

Ora si sentiva meno sola nella sua immensa sofferenza.

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