Un giorno un vecchio uomo decise di incamminarsi per le montagne in cerca di un maestro che gli insegnasse il senso profondo della vita. Gli avevano detto che molto in alto, sulle cime più desolate, si trovavano dei santi veggenti che tutto conoscevano sull’esistenza umana. Egli camminò lungamente, ma ben presto, prima ancora di aver incontrato un solo veggente, dovette fermarsi per riposare.
Trovata una grotta che lo riparasse dalle intemperie vi si rifugiò. Da essa il vecchio poteva scorgere un’ampia vallata, brulla e piatta. Più volte tramontò il sole e più volte sorse l’alba prima che il suo sguardo, ormai debole, potesse scorgere l’indistinta macchia al centro della valle. Una forza indefinita ed irresistibile lo richiamava in quella direzione. Camminò giorno e notte per giungere, finalmente, vicino all’oggetto della sua attrazione: si trattava di un albero: un grande e possente albero. Il fatto era miracoloso poiché a quell’altitudine, in un luogo tanto arido, mai si sarebbe dovuta trovare una simile meraviglia. Il vecchio, avvinto da un richiamo indecifrabile, incomprensibile decise di rimanere per qualche tempo accanto all’albero solitario.
Egli prese ad osservare con attenzione il brulichio di vita che sempre si svolgeva intorno ad esso. Come spuntava il sole centinaia di uccelletti canori si levavano dalle sue fronde per andare in cerca di cibo e come il sole tramontava essi tornavano a ripararsi sui grandi ed accoglienti rami. Mai una volta il forte vegetale rifiutava il loro gioioso cinguettare, mai una volta li scacciava dai loro piccoli nidi. Quando la calura dei giorno si faceva insopportabile, numerosi animaletti di ogni specie si accalcavano presso le sue radici, lacerandole in cerca di cibo, sporcandole. Mai il grande albero si asteneva dal proiettare la sua ombra refrigerante; anzi, esso li accoglieva sempre: giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.
E così il vecchio ricercatore imparò dalla natura la prima grande lezione sulla verità della vita: l’amore e la compassione verso tutte le creature viventi. Egli meditò a lungo e profondamente su questa verità, comprendendo che era alla base di ogni conoscenza. Decise di rimanere accanto all’albero ancora per molto tempo, poiché lo riteneva ormai il suo maestro. Dovette vivere l’inverno per comprendere la seconda lezione della vita. Cominciarono a giungere i primi venti e in quei luoghi era veramente arduo il muoversi quando spirava la bufera. Per tutto l’inverno egli osservò l’albero secolare e vide che mai, neppure una volta, la neve, il gelo o la furia dei venti riuscivano ad incrinare la solidità. I rami più esterni, è vero sussultavano e fremevano scossi dalla potenza della natura ma il suo tronco e le fronde più interne rimanevano ferme ed imperturbabili. Il vecchio meditò a lungo su questi fatti, intuendo che dietro ad essi si celava un altro insegnamento di vita.
Osservò come l’albero avesse solide radici che lo ancoravano al suolo, solide basi che gli permettevano di espandere i suoi rami verso il cielo e in tutte le direzioni, verso ogni creatura dei cielo e della terra. Comprese che anche lui, come il suo forte maestro, avrebbe dovuto avere vigorose basi interiori per poter poi espandere i rami del suo amore verso il cielo e verso tutti gli esseri. Il vecchio comprese che la parte esterna dell’uomo può anche vacillare, nei momenti in cui la bufera imperversa, ma la parte più intima, solidamente ancorata alla base, mai! Così incise nel suo cuore il secondo insegnamento ricevuto dalla natura: solidamente ancorati alla base di una forte disciplina interiore, espandiamo tutto il nostro essere verso il cielo e verso gli uomini, senza vacillare ma solidi come querce, affinché ognuno possa trovare rifugio in noi al momento della bufera.
Quando il vecchio si rese conto che l’albero altro non era che lo specchio di se stesso, del suo profondo originario se quando vide che altro non era che una delle mille trasfigurazioni di Dio…. quando comprese che l’unico grande maestro è il Signore di tutte le creature e che Egli risiede soprattutto nel profondo del nostro cuore, decise di scendere a valle, tornando al villaggio dal quale era venuto, per insegnare con l’esempio ciò che Dio stesso, con l’esempio di una sua creatura, aveva voluto insegnargli là. Aveva compreso che l’albero riassumeva in se tutte le qualità di un vero saggio e che, se un albero poteva possederle, per un uomo non dovevano essere poi segno di tanta grandezza.
Nel profondo dei suo animo prese forma allora la più grande delle verità: l’umanità è la base della vita umana. Ora per lui la ricerca di saggi veggenti, sparsi sulle montagne non aveva più alcun senso. Mesi dopo, quando il vecchio giunse al villaggio, trovò subito chi era pronto a schernirlo. “Oh guarda chi si vede, il vecchio saggio! Hai trovato il tuo maestro in cima al monte?”, “Ho trovato un grande Maestro” disse sorridendo il buon uomo. “E come mai sei tornato? Normalmente i discepoli rimangono sulle montagne coi loro iniziatori! Forse la sua disciplina era troppo dura per te?”, “Oh, rispose, sono tornato perché ho qualcosa in più dei mio maestro”. “Senti, senti! E cioè?”, “Le gambe!” “Cosa? Sei impazzito o ti prendi gioco di me? Le gambe?”, Si, le gambe!
Buone gambe per scendere il monte e dividere la mia vita con tutti gli uomini, procedendo uniti sul sentiero della verità. lo non ho senz’altro la solidità dei mio maestro, ma ho due buone gambe e se Dio vorrà, il resto me lo darà Lui”. E sorridendo il vecchio saggio se ne andò, lasciando il suo ilare amico a bocca aperta.