Quali sono i verbi transitivi?

Ricordo spesso un lungo racconto che si trovava, ai miei tempi nell’antologia delle medie: è la storia di un ragazzo che nella scuola, la vecchia media o forse addirittura il vecchio ginnasio, era un fallimento totale.

La sua incapacità, ad esempio, di distinguere i verbi transitivi da quelli intransitivi, scoraggiava il suo professore di lettere, che ci vedeva il segno di una radicale incapacità intellettuale. Poi, mortogli il padre, quel ragazzo abbandonò la scuola e se lo risucchiò la vita.

Qualche anno dopo il vecchio professore fu preso dal capriccio di farsi lui un po’ di vino, di vero vino di uva e si recò al mercato all’ingrosso per comperare appunto quella partita di uva che gli abbisognava. Ma qui scoprì quanto inetto egli fosse in cose di questo genere e quanto poco gli valesse il suo latino ad affrontare le cose concrete della vita.

E qui gli capitò di imbattersi proprio in quel ragazzo, ormai uno splendido giovanotto, che subentrato al padre nella gestione di un suo commercio, sul mercato era di casa e ci si moveva come un pesce nell’acqua: conosciuto il problema se ne prese cura lui e quello che non era riuscito al vecchio professore con tutto il suo sapere, riuscì in pochi minuti all’allievo fallito nella scuola ma riuscito nella vita.

E prima di lasciarlo si prese persino lo sfizio di una innocente ironia: “Professore – gli chiese – mi tolga una curiosità, i verbi transitivi sono quelli che passano o che non passano?”

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