Una notte scoppiò un incendio nel villaggio in cui abitava Kichiyomu. L’uomo indossò il kimono, si lavò il viso e, lemme lemme, andò ad avvertire il capo villaggio:
«Signore, scusate, è scoppiato un incendio. Signore, ci sarebbe un incendio», diceva con calma e gentilezza.
Ma il tono di voce era troppo basso e il capo villaggio non aprì neanche un occhio. Poco dopo si svegliò la moglie che, sentendo un bisbiglio alla porta, andò a vedere chi fosse. Trovò Kichiyomu che, senza perdersi d’animo, ripeteva:
«Signore, ci sarebbe un incendio».
La donna, allarmata, svegliò subito il marito. L’uomo si agitò come un forsennato e in gran fretta si diresse verso il luogo dell’incendio. Quando arrivò, il fuoco era ormai spento e i funzionari lo rimproverarono per essere intervenuto così tardi.
Lui si scusò in tutti i modi, ma tornato a casa con- vocò Kichiyomu e gli fece una bella ramanzina: «Insomma Kichiyomu, non devi usarmi tanti riguardi quando c’è un incendio. Se succede qualcosa di grave nel villaggio, devi affrettarti a venire a bussare alla mia porta e chiamarmi a voce alta».
«Va bene, ho capito», disse Kichiyomu e andò via.
Qualche tempo dopo, nel cuore della notte, Kichiyomu arrivò di corsa ansimando alla porta del capo villaggio. Brandendo un pesante bastone che aveva portato con sé, cominciò a colpire ovunque, con botte da orbi, finestre e scorrevoli di legno, spaccando tutto. Infine, urlando a squarciagola, prese di mira i pilastri:
«Signore, un incendio enorme! Un incendio, un incendio!».
Il capo villaggio saltò dal letto:
«Kichiyomu, ho capito. Smettila con il bastone, mi stai distruggendo la casa. Piuttosto, dov’è l’incendio?», chiese sconvolto.
Kichiyomu allora con aria innocente:
«Signore, va bene se vi sveglio così la prossima volta che ci sarà un incendio?».
Da una novella giapponese