La tazza del maestro

Una storia per illustrare alcuni significati dei gesti di Gesù nell’ultima cena. E’ stata scritta soprattutto per i bambini che si accostano per la prima volta all’Eucarestia.

Mattia è un ragazzo di dieci anni che vive in un piccolo villaggio nella Galilea di duemila anni fa. A quel tempo i bambini della sua età andavano già a lavorare. Molti nei campi, altri dagli artigiani.

Mattia è fortunato perchè ha trovato lavoro nella bottega di un maestro vasaio molto bravo. Il vasaio Yonas, che i suoi lavoranti chiamano semplicemente “maestro”, è piuttosto rinomato: vende le sue terrecotte anche nelle grandi città, da Cafarnao a Cesarea di Filippo.

Da lui il lavoro non manca mai; sono numerosi gli operai e i garzoni che operano nella sua bottega. C’è chi impasta la creta, chi la modella al tornio, chi la decora e chi la cuoce in una fornace che fa un fumo visibile anche dai villaggi vicini.

Yonas si è accorto subito che Mattia ha la mano ferma e impara velocemente.

Per questa sua abilità innata, il ragazzo è addetto alla decorazione dei vasi.

Prima con linee molto semplici, poi, man mano che impara il mestiere, con disegni complessi e colori vivaci.

La vita nella bottega del vasaio è molto dura. Si comincia a lavorare appena dopo l’alba.

Maestro Yonas impartisce gli ordini agli operai e ai ragazzi.

“Voi due sellate le mule e andate nella cava a prendere della creta.

Tu vai ad impastare la terra di ieri. La voglio liscia e senza sassolini. Non come la settimana scorsa: mi è toccato rifare tutto il lavoro di una giornata perché qualcuno non si voleva sporcare le mani. Voi tre piccoli prendete la paglia e aiutatemi ad imballare  le tazze che abbiamo cotto ieri l’altro. Il Governatore le vuole a Cesarea tra due giorni. Non c’è tempo da perdere.

E tu, Mattia, devi decorare questi vasetti. Il cartone col modello e i colori  sono su quel tavolo. Voglio un lavoro preciso perché il compratore è un mercante che ha clienti ricchi. Se li accontentiamo avremo altro lavoro e altro ancora”.

Yonas non sta mai fermo. Controlla tutto. Spesso si ferma lui stesso a lavorare  al tornio, oppure alla fornace o alla decorazione dei manufatti da cuocere.

Il lavoro prosegue fino a sera con la sola pausa di un pasto frugale in cui  operai e garzoni siedono allo stesso tavolo. Solo il maestro Yonas ha un suo posto fisso nella grande tavolata e spesso mangia del cibo un po’ più vario. Se i suoi compratori non sono stati avari, distribuisce a tutti anche un po’ di vino, ma quello buono non lo divide con nessuno.

Mattia esegue con cura e precisione il lavoro assegnato, ma è molto curioso ed è attratto dai modelli creati dal suo maestro per decorare il vasellame dei clienti più ricchi. Sono disegni difficili: animali, figure di uomini che lottano, disegni geometrici dalle linee intrecciate molto complesse.

Quando un cliente chiede una partita di vasellame tutto uguale, per prudenza Yonas ne mette in produzione qualche pezzo in più, per compensare quello che, a volte, si spezza durante la cottura. Succede un giorno che il vasaio riceve l’ordinazione di venti tazze da decorare con piccole margherite a sei petali. Il tornitore ne produce una in più del solito; quando Mattia se ne accorge, decora una tazza con un disegno di sua invenzione: un gallo con le penne variopinte.

Un paio di giorni dopo, a cottura ultimata, il vasaio Yonas si rigira tra le mani la tazza col gallo dipinto: bellissima. Chiama il capo dei decoratori per sapere chi sia l’autore del piccolo capolavoro. Non ci vuole molto a scoprire la verità: è stato Mattia che voleva fare un regalo ai genitori usando una tazza inutile. Yonas regala la tazza al garzone a patto che questi ne produca un’altra, simile alla prima, ma più ricca di decorazioni.

Mattia esegue l’incarico impegnandosi al massimo. A cottura ultimata, il ragazzo presenta al maestro il suo lavoro. Yonas  è talmente soddisfatto che a pranzo vuole Mattia al suo fianco. Divide con lui il suo cibo e, addirittura, lo fa bere alla sua tazza. Il garzone capisce subito che qualcosa è cambiato.

Da quel momento non è più un operaio qualsiasi, ma un vero allievo.

Il maestro, infatti, gli dedica più attenzione e gli insegna pian piano tutti i segreti del mestiere.

Sono passati gli anni e Mattia ora è un maestro vasaio, in una bottega tutta sua. Non dimentica mai di raccontare ai figli quella prima volta in cui ha mangiato il pane alla tavola del maestro e bevuto il vino dalla sua tazza.

E soprattutto non dimentica mai di raccontarlo ai suoi fratelli di fede quando si riuniscono per spezzare il pane e fare memoria di quel Maestro che ha dato la vita per amore di tutti gli uomini.

Mangiare il pane e bere alla tazza del Maestro è segno di essere diventati allievi, discepoli, cioè coloro che imparano tutto ciò che sa il Maestro per poterlo vivere e raccontare a tutti.

Una piccola notizia storica.
Gesù, nell’ultima cena, ha ripetuto i riti tipici di una cena rituale ebraica, con una unica variazione, ma densa di significato.
Nel pasto ebraico ci sono momenti in cui si beve il vino dopo aver pronunciato una benedizione a Dio, ma ogni commensale beve dal proprio calice.
Gesù, dopo la benedizione rituale, offre a tutti il calice perché bevano proprio il suo vino, e alla stessa maniera spezza il pane in modo che tutti mangino da quell’unico pane.
Il significato di unità e di condivisione è evidente.

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