Mulema era una donna buona di cuore, con un bel carattere, semplice, umile e molto gentile.
Si era sposata con un cacciatore chiamato Mussole Banana e aveva avuto cinque figli: il primo si chiamava Mondi, perché era nato di lunedì; il secondo Sundi, perché era nato la domenica. Il terzo figlio era stato chiamato Modi perché era nato durante la stagione secca, nel cuore della notte al chiaro di luna, mentre Mulema ascoltava le storie del vecchio saggio Wase – la terra. Il quarto figlio, Muna Loba – il figlio di Dio, era nato nella foresta mentre Nguila Nyama – il leone stava inseguendo Mulema e suo marito: nella fuga Mulema era caduta a terra e, gridando per il dolore, aveva dato alla luce il piccolo Muna Loba, che aveva ricevuto questo nome come ringraziamento a Loba – il Dio onnipotente, creatore di tutto. Il quinto figlio era una bambina, alla quale era stato dato il nome Ndolo – Amore, perché la madre voleva ricordare l’amore che nutriva verso il marito, che tanto desiderava una figlia femmina.
La coppia continuava a vivere in armonia. I figli crescevano bene e, come tutti i bambini, giocavano e facevano scherzi.
Nel villaggio viveva anche un’anziana donna chiamata Bola to Ndje – tuttofare: era vedova e non aveva figli. Di lei si diceva che non aveva avuto figli perché era una strega e che avesse ucciso lei stessa suo marito. Si raccontava inoltre che, utilizzando la magia, rapiva i bambini per farli lavorare in schiavitù in un orto situato in un altro villaggio. Per questi motivi nessuno la frequentava.Anche a Muna Loba e ai suoi fratelli era stato detto di non andare mai a far visita a quella vecchia.
Muna Loba aveva ormai dieci anni. Un giorno, quando ormai tutti i suoi familiari erano a lavorare nella piantagione, che distava tre chilometri dalla loro casa, si recò dalla vecchia. Giunto da lei, la salutò e si presentò.
La vecchia fu molto contenta della visita e gli chiese:- Perché sei venuto da me? Chi ti ha mandato? Sono sempre da sola, perché tutti dicono che sono una strega. Tu non hai paura di me?
Il bambino disse:- Perché mai dovrei avere paura di te? Se anche tu fossi una strega, non capisco perché non dovrei stare in tua compagnia. Tu sei molto anziana: come fai a procurarti l’acqua e la legna da ardere? Chi lava i tuoi vestiti?
La vecchia rispose:- Figlio mio, impiego tre ore per andare alla sorgente che dista un chilometro da questa casa, e siccome la gente ha paura di me, devo andarci la sera, quando ormai gli altri sono rientrati nelle loro case. Legna non ne ho. La mia vita in questa terra è molto dura e difficile. Che cosa avrò mai commesso per meritarmi questa maledizione?
Allora Muna Loba disse:- Da oggi in poi mi impegno a portarti ogni mattina l’acqua della sorgente e anche l’acqua del fiume, con la quale potrai lavarti. Ogni due giorni ti porterò la legna e laverò anche i tuoi vestiti una volta alla settimana.L’anziana donna disse:
– Mille grazie, piccolo amico. Ma come potrai fare tutto questo? Hai solo dieci anni! Cosa diranno i tuoi genitori, che quando mi vedono abbassano la testa e guardano a terra? Io ti ringrazio per aver pensato a me: sei proprio il figlio di Dio, come dice il tuo nome! Ma lascia perdere, ormai non mi resta molto tempo da vivere su questa terra.Il bambino disse ancora:
– Da oggi in poi sarò tuo figlio adottivo, puoi chiamarmi Muna Bola to Ndje – figlio di tuttofare.
Quando tornò a casa era ormai molto tardi, i suoi parenti erano già tornati e lo cercavano ovunque. Nessuno immaginava dove fosse andato e suo padre glielo chiese. Muna Loba rispose, mentendo:
– Ero al fiume a pescare.
La mattina seguente, per rispettare l’impegno con la vecchia, Muna Loba si recò molto presto alla sorgente: prese prima l’acqua per la vecchia, poi anche per la madre
.Mulema guardò con sorpresa il figlio che stava crescendo. Ma questo era solo l’inizio: Muna Loba dedicava metà della mattina alla propria famiglia e l’altra metà alla madre adottiva, che era molto contenta. Tutti nel villaggio avevano notato che l’anziana donna aveva ritrovato il sorriso, che era sempre pulita e in buono stato, ma nessuno avrebbe mai immaginato che il cambiamento fosse dovuto all’interessamento del piccolo.
Un giorno il bambino si ammalò: la pancia gli faceva molto male e diventava ogni giorno più gonfia. La famiglia chiese aiuto a tutti, ma nessuno riuscì a capire di quale malattia si trattasse. Tutti davano per scontata la sua morte imminente.
Erano ormai passate sette lune da quando Muna Loba – il figlio di Dio si era ammalato e la vecchia, non vedendolo, decise di andare a trovarlo casa sua. Appena arrivò di fronte alla casa, tutte le persone che sostavano fuori fuggirono e la madre del piccolo iniziò a piangere, gridando:
– Vattene, vattene, strega! Non venire a mangiare il mio piccolo, vattene via!Da tre giorni ormai Muna Loba non parlava e non si muoveva, ma trovò la forza di gridare:
– No, mamma! Lascia che la mia madre adottiva si avvicini, sono contento di vederla!
Sua madre e i suoi fratelli, sorpresi, gli dissero:
– Ma di chi stai parlando?
Muna Loba rispose:
– Sto parlando di Bola to Ndje.
La sorpresa fu grande per tutti e, sebbene a malincuore, lasciarono entrare l’anziana donna. Bola to Ndje si accertò allora delle condizioni di salute del figlio adottivo, poi andò a casa a prendergli una medicina. Non era passata nemmeno un’ora da quando la donna aveva somministrato la medicina a Muna Loba, che il bambino era già fuori casa a giocare come se non fosse mai stato ammalato.
Quella sera Muna Loba andò a dormire a casa della vecchia, con il permesso dei genitori. E da quel giorno la donna diventò l’amica più cara della famiglia.
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Favola della tradizione dei Bantù del Camerun; testo prelevato qui.
Photo by Martin Fennema on Unsplash