Il viaggio di Pallino

Era arrivato un pomeriggio di agosto, piccolo, spelacchiato, smarrito. Era nato da appena un mese, aveva vissuto in un immenso giardino, o per lo meno a lui sembrava tale, felice con i fratellini e la sua mamma dalla quale lui, insieme ai fratelli e quasi a gara, si ciucciava il latte.
Nel giardino correva e giocava tutto il giorno, e poi, sfinito, crollava dalla stanchezza e si addormentava aggrovigliato ai fratelli e alla mamma.
Un giorno qualcuno lo prese e lo infilò dentro una scatola con alcuni fori da dove però non riusciva a vedere nulla. Era curioso di capire ma aveva tanta paura e così cominciò a miagolare, sembrava un cinguettio, tanto era flebile! Fuori gli dicevano “Fai il bravo che ora arriviamo” ma lui non capiva e rifugiatosi in un angolo della scatola continuava a miagolare. Poi la macchina si fermò, qualcuno prese la scatola e la diede a qualcun altro che la aprì.

La donna sembrava felice di vederlo, quasi lo conoscesse “quanto sei carino” diceva “vieni dalla mamma, ti chiamerò Pallino perché sembri un batuffolo tondo così raggomitolato” lo tirò fuori dalla scatola e cominciò a saltellare dalla gioia stringendolo e accarezzandolo. Pallino non capiva nulla, era spaventato.
Quel giorno e i giorni a venire graffiò diverse volte la sua mamma, a onor del vero continuò a faro anche dopo, ma quel giorno aveva troppa paura, per di più, c’era anche i rumore fastidioso di una macchina che una signora usava che lo faceva impazzire!

Col tempo Pallino si affezionò alla signora che ogni tanto veniva per usare quell’attrezzo che la mamma chiamava aspirapolvere, anzi quando c’era lei lui era contento, andava dove andava lei, camminava sulla spazzatura, sul pavimento bagnato, saliva e scendeva le scale, si divertiva tanto, e la signora non si seccava! Man mano che il tempo passava, Pallino si abituò alla sua nuova vita, era bello stare lì, girare per la casa, salire sui mobili, sulle poltrone, sulle sedie: certo la mamma lo sgridava, ogni tanto si prendeva qualche scappellotto, però lo voleva bene, Pallino aveva imparato anche a fare le carezze e quando le faceva la mamma era felice, non lo sgridava, lo chiamava “amore”. Era bello vedere la mamma allegra, tante volte non lo era e lui non sapeva cosa fare e allora si metteva a guardarla e poi si addormentava.

Quando passarono sei mesi dal suo arrivo, Pallino aveva più voglia di girare, un giorno saltò il muretto del terrazzino e salì sui tetti. Pallino si sentì libero e felice e anche se la mamma lo chiamava lui non si voltava, tanto la sentiva. Cominciò ad uscire ogni giorno e ogni giorno stava fuori un po’ più a lungo, girava per i tetti delle case vicine, si fermava a guardare gli uccellini che passavano, inseguiva le lucertole, guardava da lontano la signora che stendeva la biancheria come la mamma, ma non era la sua mamma, la sua mamma aveva i capelli lunghi e biondi, e poi gli fischiava e lo chiamava “Pallichicco vieni ti do i croccantini”, lui ne era ghiotto! Quando aveva fame tornava di corsa a casa, si metteva dietro la porta e cominciava a miagolare fino a quando la mamma non veniva ad aprirgli.

Quando la porta si apriva Pallino entrava di volata e andava subito in garage dove c’era la sua cuccia, la mamma lo rincorreva “Vagabondo, dove sei stato? Hai lasciato la mamma sola, monello!” e lo chiudeva fuori. Ma Pallino sapeva, ormai, che dopo un poco gli avrebbe aperto e lo avrebbe coccolato nuovamente, e dopo lui si sarebbe messo a dormire beato davanti alla stufa. Un giorno Pallino, più in vena del solito di scorribande, ne combinò una più grossa del solito. Senza che la mamma se ne accorgesse, proprio mentre lei chiudeva il garage dopo aver uscito la macchina, sgattaiolò fuori e in men che non si dica fu avvolto dal buio.

Era elettrizzato da quella nuova esperienza, cominciò a correre anche perché una macchina, proprio quella della mamma, cominciò ad inseguirlo, lui fulmineo con un balzo saltò su un muretto e in breve si trovò in un giardino. Aveva un po’ di timore, ma imperterrito continuò il suo viaggio. Dopo un poco, arrivò su uno spiazzale dove c’era un pollaio, quelle galline appena lo videro cominciarono a starnazzare e si muovevano tutte verso la sua direzione, all’inizio Pallino si divertì a farsi rincorrere, ma poi, vedendosele tutte quasi addosso, cominciò ad avere paura e prese a fuggire, anche perché erano più alte di lui e lo beccavano tanto da fargli male.

Dopo aver saltato un muretto, Pallino pensò di essere al sicuro, era stremato, era caduto pure su una cosa che faceva lo stesso odore di quando la mamma accendeva la stufa e si era sporcato tutto di nero. Così cominciò a pulirsi e non si accorse che nel frattempo era sopraggiunto un cane. Quel cane odiava i gatti perchè lo stuzzicavano e gli rubavano il cibo mentre lui dormiva, vedendo Pallino lo scambiò per un randagio e cominciò ad abbaiare ferocemente per azzannarlo. Pallino, dallo spavento, fece un salto incredibile, non capiva cosa volesse da lui quell’energumeno con le fauci spalancate come se volesse mangiarselo, lui non era stato monello, non gli aveva fatto nulla. Cominciò a miagolare disperato, non sapeva come uscire da quel posto, dov’era la sua mamma? Cominciò a correre con il cane che lo inseguiva, si rifugiava in un angolo e poi in un altro sempre con il cane alle costole.
Poi qualcuno cominciò a gridare, voleva che il cane la smettesse, “maledetto cane, se ti prendo ti rompo le ossa!”. Queste urla fecero spaventare ancora di più il povero Pallino, il quale pensava alla mamma e a perché non lo aiutava.

Intanto, dato che il cane non smetteva di abbaiare, l’uomo usci dalla casa e con un bastone cominciò ad inseguirlo, poi si accorse di Pallino e anche l’uomo, senza che gli avesse fatto nulla, se la prese con lui. Pallino cominciò a nascondersi dietro i cespugli, il suo cuoricino batteva forte forte, si graffiò, gli faceva male ma non si poteva fermare per leccarsi la ferita. Poi miracolosamente trovò un buco, ci entrò dentro e di colpo si trovò sulla strada, ma Pallino non sapeva dove andare, non sapeva più dove era la sua casa! Provò ad andare avanti, indietro, passavano le macchine veloci, no, non sapeva proprio cosa fare, aveva ragione la mamma lui era piccolo! Disperato si appiatti sul pavimento della strada e cominciò a miagolare, si sentiva perduto.
La mamma, intanto, era tornata a casa e, entrando la macchina in garage, si accorse che Pallino non c’era, pensò che si fosse nascosto come faceva di solito, lo chiamò, gli mise i croccantini nella ciotola ma lui non usci. Non capiva, inizialmente, cosa fosse successo, poi si rese conto che il suo gatto, approfittando di una sua lieve distrazione era scappato. Era fuori di sé, come era potuto accadere, dov’era Pallino, lo aveva perduto per sempre? Non poteva certo rassegnarsi, così, uscì fuori e cominciò a cercarlo, prima lungo una strada, poi per un’altra: ma di Pallino neppure l’ombra. Rassegnata tornò a casa, salì in terrazza, lo chiamò, gli fischiò come faceva spesso per chiamarlo: nulla! Scese in soggiorno e lasciò aperta la porta che dava sulla strada sperando di sentirlo miagolare, si affacciava continuamente ma Pallino non si vedeva.

Dopo una mezz’oretta sentì un miagolio disperato, sperò fosse il suo gatto. Uscì per strada ma dopo averne percorso un tratto non c’era e non lo sentiva più miagolare. Tornò indietro e percorse l’altra, lo sentì nuovamente però non capiva da dove arrivava il miagolio, lo chiamò, gli fischiò, non lo vedeva.
“E se si trova su un muro – pensava – come farò a prenderlo?” Poi lo vide, era ad un metro dal muro, appiattito a terra con gli occhi chiusi e miagolava disperato. Luisa lo prese, timorosa che fosse gravemente ferito, non sembrava, se lo strinse al petto e si avviò verso casa: il cuoricino di Pallino batteva a più non posso.

“Tranquillo Pallino, sei con la mamma!” lo rincuorava. Arrivata a casa si accorse che, a parte lo sporco, aveva solo dei graffietti da nulla, tutto sommato erano stati fortunati lei e Pallino, poteva finire peggio. Lo adagiò su un tappeto, con un panno cominciò a pulirlo, gli disinfettò le ferite e poi cominciò ad accarezzarlo per acquietare lei e lui.
Quando lo vide più sereno gli versò del latte nella ciotola e Pallino lo bevve. Era tranquillo ormai Pallino, il suo viaggio era finito, la sua mamma era venuto a salvarlo, poteva ricominciare la sua vita abituale con le sue solite monellerie e i graffi alla mamma! Avrebbe fatto il bravo gattino, proprio come voleva la mamma, promesso. Promesso?…

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