Un giorno un ragazzino discolo di nome Checco, decise di scappare di casa e di imbarcarsi in una nave che trasportava materiale da costruzione. Così iniziò a lavorare duramente come mozzo sulla nave. Quando fu ormai troppo lontano da casa, cominciò a rimpiangere la sua famiglia e si pentì amaramente di averne combinata un’altra delle sue. La sua scelta era stata affrettata ed ora non poteva far altro che continuare il suo viaggio interminabile. Nessuno aveva il tempo né la voglia di parlare con Pasqualino, tanto era faticoso il lavoro dei marinai della nave.
Anche il piccolo mozzo sgobbava tutti i giorni, e alla sera le sue mani indolenzite gli ricordavano che aveva intrapreso una strada troppo dura per la sua giovane età. Un giorno, il piccolo mozzo fu mandato a pulire la stiva, e lì fece uno strano incontro. La stiva era infestata da minuscoli topolini, che per giunta erano sempre ubriachi per via del vino che riuscivano a succhiare dalle perdite delle botti. Pasqualino fu felice di tanta allegria, e decise di tornare ogni giorno dai suoi nuovi amici. Quando il piccolo mozzo raccoglieva qualche briciola dal pavimento, la infilava in tasca per sfamare i topolini.
Le bestiole, quando sentivano i passi del ragazzo facevano sempre un gran fracasso e con le loro feste riempivano il cuore troppo triste del piccolo mozzo. La loro amicizia era sempre più forte, e quando gli altri marinai si accorsero che il ragazzo trascorreva il suo tempo libero con i topini, lo soprannominarono “il sorcio”. I marinai beffardi lo prendevano sempre in giro, e quando passava facevano il verso del gatto per mettergli paura. Il viaggio era sempre più lungo, ed il giovane era sempre più triste. I topini si sentivano in colpa per gli scherzi che il piccolo mozzo doveva subire tutti i giorni, e quel brutto nomignolo era ormai di dominio pubblico. Ma l’amicizia è un bene prezioso, e i topolini lo avrebbero dimostrato al ragazzo non appena se ne fosse presentata la prima occasione. Durante una notte di tempesta, il piccolo mozzo fu svegliato dalle urla dei marinai che cercavano disperatamente di salvare le sorti della nave.
Nessuno si curava del ragazzo che atterrito non sapeva cosa fare. Il piccolo mozzo non riuscì a muovere nemmeno un dito, e mentre i marinai si davano da fare per portare in salvo l’equipaggio, un’onda gigantesca travolse la nave. Intanto i topolini si erano arrampicati tutti quanti sull’albero maestro, e squittivano forte per attirare l’attenzione del loro amico in preda al panico. Quando il fanciullo si accorse dei suoi piccoli amici, urlò disperato che non era in grado di salvare neanche loro, e che tutto ormai era perduto. Ma i topini non stavano chiedendo aiuto, anzi, erano proprio loro ad aver trovato una soluzione per mettere in salvo anche il mocciosetto!
Con i loro denti affilati si misero d’impegno e riuscirono a rosicchiare l’intera base dell’albero maestro. Quando quel gigantesco palo cadde in acqua, i topini si tuffarono tra le onde e nuotarono fino a salire tutti quanti su quella lunga zattera. Fu allora che il piccolo mozzo capì che i topini avevano pensato anche a lui, e come avevano fatto le bestiole intelligenti si tuffò in acqua per raggiungere il palo. Quando la tempesta finì, il ragazzo e i topolini, fortunatamente ancora in groppa all’albero maestro, giunsero a riva sani e salvi .
Appena toccarono terra, stremati, si addormentarono al sole. Dopo tante peripezie, finalmente il ragazzo era arrivato vicino casa e la sua avventura era terminata. L’aiuto dei topolini era stato indispensabile per il piccolo mozzo: per tutta la vita lo avrebbe ricordato. Anche se ognuno di loro sapeva che non si sarebbero incontrati mai più, di certo nel loro cuore avrebbero conservato il tesoro della loro meravigliosa amicizia per sempre.