Un giorno un gattino, Pippo, disse al cardellino, Flori:
“Perché non mi insegni a volare?” Flori gli volò vicino e gli chiese:
“Perché vuoi volare?”
“Per rincorrere gli uccelli che volano nel cielo”
“Per volare – osservò Flori – ci vogliono le ali”. Allora Pippo disse:
“Perché tu hai le ali ed io no?”
“Perché siamo diversi” rispose Flori
“Ma io non voglio essere diverso, io voglio essere come te”.
«Anch’io, vorrei essere come te – replicò Flori – e dormire sul lettino della tua padroncina»
“È vero, però io non mi piaccio. Sono fatto male. Appena vedo quei cosi neri, che escono dalle fogne, ci corro dietro, li arraffo fra i denti e li stringo finché non sono morti. La puzza del loro sangue la sento per molti giorni e i loro gridolini disperati mi rimangono a lungo nelle orecchie”.
“Tu però hai quattro zampine – osservò Flori – giochi tutto il giorno, ti arrampichi sugli alberi e ti rotoli fra i fili d’erba del prato, senza preoccuparti del cibo, perché ad esso ci pensa la tua padroncina. Io invece devo rincorrere nell’aria le mosche e gli insetti o rubare i semi agli uomini che seminano i prati e i campi”
“Tu, dunque, vorresti essere un gatto come me?” chiese Pippo.
“No, no – si affrettò a dire il cardellino – io mi piaccio così come sono; io non voglio essere un altro; a me piace il sole, piace la primavera e l’estate ed è bello posarsi sui fiori e poi volare sulle cime degli alberi, cantare e mandare messaggi ai miei amici. Io sono felice di essere quello che sono”.
Allora Pippo disse:
“Insegnami a volare”.
“Sei disposto a trasformare le tue zampine anteriori in ali?” gli chiese Flori
“Sì”, disse prontamente Pippo.
“E non ti stancherai di saltellare su due zampe invece di camminare, come fai adesso?” chiese Flori
“Quando non volo – osservò Pippo – le ali ritorneranno ad esser zampine e così io potrò camminare come adesso invece di saltellare come fai tu”.
Flori disse:
“Tu vuoi essere gatto ed uccello?”
“Non è possibile?” domandò Pippo.
“Non lo so – rispose Flori – possiamo provare”.
“Bene – disse Pippo – Che cosa devo fare?”
Allora Flori ordinò a Pippo di stendersi sulla schiena e di fare degli esercizi con le zampine, molte volte al giorno, finché non diventavano delle ali.
Pippo si mise subito al lavoro con tanta volontà; si rivoltò sulla schiena e cominciò ad agitare le sue zampine. La sua padroncina, Gaila, lo vide e gli domandò:
“Che cosa fai?”
“Voglio trasformare le zampine in ali, così potrò volare come Flori”.
“Ma non è possibile – osservò Gaila – Tu sei nato gatto e sarai per sempre un gatto”.
“Io voglio essere gatto, ma volare come un uccello”. Gaila si mise a ridere e, per prenderlo in giro, si stese per terra e prese ad agitare anche lei le braccia come fossero delle ali.
“Che cosa fai?” chiese la mamma.
“Prendo in giro Pippo, che vuole trasformare le zampine in ali, perché vuole volare come Flori”.
La mamma scosse la testa, prese Pippo fra le mani e disse:
“Come ti è venuta in mente l’idea di diventare un uccello?”
“Guardando Flori mi sono detto: perché non posso essere come lui?” rispose Pippo
“Ma tu sei un gatto e Flori è un uccellino!”
“Non posso essere anche un uccellino?” replicò Pippo
“Dio – disse Sara, la mamma di Gaila – ha dato a ciascuna una cosa sola affinché ciascuno non si confondesse con un altro”.
Pippo non capiva; a lui non importava che cosa aveva fatto Dio, egli voleva essere Flori ed anche Pippo e così andò avanti per tutto un anno a fare gli esercizi per trasformare le zampine in ali. Tutti i gatti del quartiere erano venuti a sapere del gattino Pippo che si esercitava per diventare un uccello e di tanto in tanto si affacciavano per vedere se aveva iniziato a volare.
Ma dopo un anno di esercizi, le zampine erano sempre le stesse. Erano diventate più forti, ma, in quanto a volare, nulla da fare.
Allora Pippo disse:
È tutto inutile; non riuscirò mai a trasformare le zampine in ali”.
Flori, che aveva preso a cuore il desiderio di Pippo, andò dalla gazza ladra, dalla lunga coda nera e dagli occhi intelligenti, e le raccontò la storia del gattino che voleva volare.
La gazza ladra domandò:
“Perché mi vieni a raccontare la storia del gattino che vuole essere un uccello? Lo sai bene che ognuno può essere solo quello che è: un uccello è un uccello ed un gatto è un gatto”.
“Però – osservò Flori – se Pippo avesse le ali sarebbe anche un uccello. Anche Gaila, se avesse le ali, potrebbe volare come un uccello”.
La gazza ladra capì che anche Gaila voleva volare e disse:
“La padroncina di Pippo vuole volare come un uccello?”
“No, no – ribatté Flori – chi vuole volare come un uccello è Pippo, ma dicevo che, in generale, se uno avesse le ali potrebbe volare e, quindi, anche Gaila potrebbe volare”
“Dunque Pippo vuole volare, ma non ha le ali” disse la gazza ladra.
“E’ così” confermò Flori.
“Ed io che cosa posso fare?”
“Tu potresti rubare una penna ad un uccello, un’altra ad un altro uccello e un po’ alla volta mettere insieme due ali”.
“E poi?”
“Poi le applichiamo a Pippo e così egli potrà volare”.
“Ed essere, nello stesso tempo, anche un gatto” aggiunse la gazza ladra.
“E’ quello che Pippo vuole”.
La gazza ladra si mise al lavoro; volò di qui e di là e, appena vedeva un piccolo aquilotto appisolato, si avvicinava senza far rumore, gli strappava una penna e scappava via. Così un po’ alla volta mise insieme molte penne, lunghe e forti, come quelle dell’aquila. Poi le applicò al gattino, che felice cominciò ad agitarle.
Flori lo osservava e rideva; anche la gazza ladra lo trovava piuttosto buffo. Pippo si agitava, cercava di saltare e di elevarsi in aria, ma non ci riusciva.
Storia tratta da:

Il gattino che voleva volare, Il professore e il vocabolario, La ragazza con i fiori nei capelli, Charlie il leoncino bianco, Il grande bosco degli animali parlanti, Il principe di San Martino, Zetico ed Ezechiele.
“Le fiabe nascono dalla fantasia e i suoi personaggi vivono in un mondo in cui tutto è possibile. Io amo perdermi in questo mondo libero, riposante, senza limiti, ma i ragazzi, a cui le ho proposte, le hanno trovate difficili, così ho capito che occorreva una chiave di lettura.
Quale? Le fiabe sono un aspetto particolare della mente; basta sollevare il velo che ne nasconde le idee e diventano briciole di filosofia.”