La forza ce l’aveva nella mani e nelle braccia, ma l’intelligenza ce l’aveva nei capelli. I suoi furbi fratellini gli tagliavano i capelli corti corti, perchè restasse sempre un po’ tonto, e loro stavano a guardarlo e intascavano il guadagno.
Lui doveva arare i campi, lui spaccare la legna, far girare la ruota del mulino, tirare il carretto al posto del cavallo, e i suoi furbi fratellini sedevano a cassetta e lo guidavano a suon di frusta.
E mentre sedevano a cassetta tenevano d’occhio la sua testa e dicevano:
“Come stai bene con i capelli corti”.
“Ah, la vera bellezza non sta mica nei riccioli.”
“Guardate quel ciuffetto che si allunga: stasera ci vorrà un colpetto di forbici”.
Intanto si strizzavano l’occhio, si davano allegre gomitate nei fianchi e al mercato intascavano i soldi, andavano all’osteria e lasciavano il gigante a fare la guardia al carretto.
Da mangiare gliene davano abbastanza perchè potesse lavorare; da bere poi, gliene davano ogni volta che aveva sete, ma solo vino di fontana.
Un giorno il gigante si ammalò. I suoi fratellini, per paura che morisse mentre era ancora buono a lavorare, fecero venire i migliori medici del paese a curarlo, gli davano da bere le medicine più costose e gli portavano la colazione a letto.
E chi gli aggiustava i cuscini, chi gli rimboccava le coperte. E intanto gli dicevano:
“Vedi quanto ti vogliamo bene? Tu dunque non morire, non farci questo torto”.
Erano tanto preoccupati per la sua salute che si dimenticarono di tener d’occhio la capigliatura. I capelli ebbero il tempo di crescere lunghi come non erano mai stati e con i capelli tornò al gigante tutta la sua intelligenza. Egli cominciò a riflettere, a osservare i sui fratellini, a sommare due più due e quattro più quattro. Comprese finalmente quanto essi fossero stati perfidi, e lui tonto, ma subito non disse nulla. Aspettò che gli tornassero le forze e una mattina, mentre i suoi fratellini dormivano ancora, egli si alzò, li legò come salami e li caricò sul carretto.
“Dove ci porti, fratello caro, dove porti i tuoi amati fratellini?”
“Ora vedrete”.
Li portò alla stazione, li ficcò in treno legati come stavano e per tutto saluto disse loro:
“Andatevene, e non fatevi più rivedere da queste parti. Mi avete ingannato abbastanza. Adesso il padrone sono io”.
Il treno fischiò, le ruote si mossero, ma i tre furbi fratellini se ne stettero buoni buoni al loro posto e nessuno li ha rivisti mai più.
Fiaba di Gianni Rodari (qui un libretto a 3€ su Amazon)letta da don Paolo Alliata in un video su YouTube