Andem a la guéra,
cun la stciopa in téra,
cun la stciopa in spàla,
tira la bàla!*
*Andiamo alla guerra, con lo schioppo per terra, con lo schioppo sulla spalla, tira la palla!
Lorenzo impugna il bastone come se fosse una spada e attacca con fare da vero guerriero il povero Nerino che a lui, il suo, di bastone, gli sembra solo un bastone.
Scappa Nerino, con le gambe magre che pare uno stambecco, corre con il fiatone e le guance rosse per i vicoli di Castel Guelfo, ma Lorenzo, che conosce quelle viuzze bene quanto lui, lo blocca in un angolo.
«Dai basta, mi sono stufato, giochiamo a Cu’?» prova a chiedere Nerino per evitarsi il colpo di grazia.
«A nascondino? Però io non conto!».
Edda, sbucata da chissà dove si mette in mezzo ai due e, raggiunta da un capannello di bambini, si sta già organizzando per il nuovo gioco. Nerino ancora nell’angolo riprende fiato, è tutto sudato nonostante sia
pieno inverno.
A Lorenzo basta un attimo per valutare la situazione, con un cenno del capo chiama tutti a sé e, sempre col suo bastone stretto in pugno, inizia a fare la conta:
«Arén, butén, salén,
liman, zanfrén, zanfran,
garavèl, tudàssc,
diaevél, pass:
fòra te, bròt buslòt!!!»*
*Non sense (serie di parole assonanti senza un preciso significato): tocca a te, brutto bussolotto!
Tocca a Lorenzo contare e non gli dispiace affatto tanto li scoverà tutti, come sempre. «Uno, due, tre…» cantilena rivolto verso il Palazzo del Podestà, a voce alta, mentre gli altri schizzano via in ogni direzione, veloci come caprioli.
«…quattro, cinque, sei…»
Edda segue Nerino, non le piace nascondersi da sola, ma lui con un rapido gesto la allontana, questa volta ha in mente un nascondiglio davvero segreto che non vuole condividere con nessuno.
«…sette, otto, nove…»
Nel borgo non si vede più un bambino, sono tutti acquattati tra le siepi ricamate dal gelo, dietro gli alberi e persino sul muschio del fossato. Nerino, con la rapidità di un gatto randagio s’infila nella porticina della torre del Campanazzo che qualcuno ha dimenticato aperta.
«DIECI!!! Chi c’è c’è, chi non c’è si arrangia! Io guardo!»
Lorenzo prova sempre un certo gusto nel pronunciare questa frase che dà inizio alla caccia.
Nerino, nella penombra della torre, sale piano le scale e dalle feritoie controlla l’andamento del gioco: ecco, Edda si è già fatta beccare, come al solito! Vuole arrivare fino al punto più alto, lassù sarà al sicuro da tutto. Le scale terminano in una piccola stanzina umida, con due finestre strette e lunghe.
Certo che è proprio bello! Da là si vede tutto: il borgo, la grande piazza del mercato e laggiù il lunghissimo viale dei tigli “che di là si va a Bologna” gli raccontava sempre il suo nonno, lui faceva il birocciaio e a Bologna c’era stato tante volte.
Guarda al termine della strada, fin dove i suoi occhi acuti riescono a vedere, un giorno, lo sa, ci sarebbe andato anche lui in città.
Le voci degli altri sono sempre più lontane, ha quasi dimenticato il gioco, perso nei suoi sogni ad occhi aperti… ma un momento, cosa c’è laggiù in fondo in fondo? Si drizza come la vedetta di una nave, qualcuno sta arrivando, devono essere dei cavalli per sollevare tutta quella nuvola di terra, forse anche un carro, forse sono quelli che consegnano il vino all’osteria, ma no, i carri sono due, poi tre….
Storia tratta dal primo capitolo del libro:
La storia più bella
Arriva il circooooo!! … a Castel Guelfo È il 1929. Lorenzo e i bambini di Castel Guelfo salutano il circo Arata che arriva lento e carico di speranze. Gli occhi stupiti dei bambini accolgono la strana famiglia, tra ombre e lustrini. Ma un giorno succede qualcosa…
“Un inverno successe una cosa mai pensata,
arrivò una grande e lunga nevicata
imbiancò case, strade e pensieri
Ma risvegliò l’animo dei cuori più veri.
Questa è la storia che sarà raccontata e comincia così…
Appena sussurrata.”