Guido Gozzano – La danza degli gnomi

Quando l’alba si levava, si levava in sulla sera, quando il passero parlava c’era, allora, c’era… c’era…

… una vedova maritata ad un vedovo. E il vedovo aveva una figlia della sua prima moglie e la vedova ave­va una figlia del suo primo marito. La figlia del vedovo si chiamava Serena, la figlia della vedova si chiamava

Gordiana. la matrigna odiava Serena ch’era bella e buo­na e concedeva ogni cosa a Gordiana, brutta e perversa.

La famiglia abitava un castello principesco, a tre mi­glia dal villaggio, e la strada attraversava un crocevia, tra i faggi millenari di un bosco; nelle notti di plenilunio i piccoli gnomi vi danzavano in tondo e facevano beffe terribili ai viaggiatori notturni.

La matrigna che sapeva questo, una domenica sera, dopo cena, disse alla figlia:

  • Serena, ho dimenticato il mio libro di preghiere nella chiesa del villaggio: vammelo a cercare.
  • Mamma, perdonate… è notte.
  • C’è la luna più chiara del sole!
  • Mamma, ho paura! Andrò domattina all’alba…
  • Ti ripeto d’andare! — replicò la matrigna.
  • Mamma, lasciate venire Gordiana con me…
  • Gordiana resta qui a tenermi compagnia. E tu va’!

Serena tacque rassegnata e si pose in cammino. Giun­se nel bosco e rallentò il passo, premendosi lo scapolare sul petto, con le due mani.

Ed ecco apparire fra gli alberi il crocevia spazioso, il­luminato dalla luna piena.

E gli gnomi danzavano in mezzo alla strada.

Serena li osservò fra i tronchi, trattenendo il respiro. Erano gobbi e sciancati come vecchietti, piccoli come fanciulli, avevano barbe lunghe e rossigne, giubbini buf­fi, rossi e verdi, e cappucci fantastici. Danzavano in ton­do, con una cantilena stridula accompagnata dal grido degli uccelli notturni. Serena allibiva al pensiero di pas­sare fra loro; eppure non c’era altra via e non poteva ri­tornare indietro senza il libro della matrigna. Fece vio­lenza al tremito che la scuoteva, e s’avanzò con passo tranquillo.

Appena la videro, gli gnomi verdi si separarono da quelli rossi e fecero ala ai lati della strada, come per dar­le il passo. E quando la bimba si trovò fra loro la chiuse­ro in cerchio, danzando. E uno gnomo le porse un fungo e una felce.

  • Bella bimba, danza con noi!
  • Volentieri, se questo può farvi piacere…

E Serena danzò al chiaro della luna, con tanta grazia soave che gli gnomi si fermarono in cerchio, estatici ad ammirarla.

  • Oh! Che bella graziosa bambina! — disse uno gnomo.

Un secondo disse: — Ch’ella divenga della metà più bella e più graziosa ancora.

Disse un terzo:

  • Oh! Che bimba soave e buona!

Un quarto disse: — Ch’ella divenga della metà più ancora bella e soave!

Disse un quinto: — E che una perla le cada dall’orec­chio sinistro ad ogni parola della sua bocca.

Un sesto disse: — E che si converta in oro ogni cosa ch’ella vorrà.

  • Così sia! Così sia! Così sia!… — gridarono tutti con voce lieta e crepitante.

Ripresero la danza vertiginosa, tenendosi per mano, poi spezzarono il cerchio e disparvero. Serena proseguì il cammino, giunse al villaggio e fece alzare il sacresta­no perché la chiesa era chiusa.

Ed ecco che ad ogni parola una perla le usciva dall’o­recchio sinistro, le rimbalzava sulla spalla e cadeva per terra. Il sagrestano si mise a raccoglierle nella palma della mano. Serena ebbe il libro e ritornò al castello pa­terno. La matrigna la guardò stupita. Serena splendeva di una bellezza mai veduta:

  • Non t’è occorso nessun guaio, per via?
  • Nessuno, mamma.
  • E raccontò esattamente ogni cosa. E ad ogni parola una perla le cadeva dall’orecchio sinistro.

La matrigna si rodeva d’invidia.

  • E il mio libro di preghiere?
  • Eccolo, mamma.

La logora rilegatura di cuoio e di rame s’era converti­ta in oro tempestato di brillanti.

La matrigna trasecolava.

Poi decise di tentare la stessa sorte per la figlia Gor­diana. La domenica dopo, alla stessa ora, disse alla fi­glia di recarsi a prendere il libro nella chiesa del villag­gio.

  • Così sola? Di notte? Mamma, siete pazza?

E Gordiana scrollò le spalle.

  • Devi ubbidire, cara, e sarò un gran bene per te, te lo prometto.
  • Andateci voi!

Gordiana, non avvezza ad ubbidire, smaniò furibonda e la madre fu costretta a cacciarla con le busse, per deci­derla a partire.

Quando giunse al crocevia, inargentato dalla luna, i piccoli gnomi che danzavano in tondo si divisero in due schiere ai lati della strada, poi la chiusero in cerchio; e uno si avanzò porgendole il fungo e la felce e invitando­la garbatamente a danzare.

  • Io danzo con principi e con baroni: non danzo con brutti rospi come voi.

E gettò la felce e il fungo e tentò di aprire la catena dei piccoli ballerini con pugni e con calci.

  • Che bimba brutta e deforme! — disse uno gnomo.

Un secondo disse: — Ch’ella diventi della metà più ancora cattiva e villana.

  • E che sia gobba!
  • E che sia zoppa!
  • E che uno scorpione le esca dall’orecchio sinistro ad ogni parola della sua bocca.
  • E che si copra di bava ogni cosa ch’ella toccherà.
  • Così sia! Così sia! Così sia!… — gridarono tutti con voce irosa e crepitante.

Ripresero la danza prendendosi per mano, poi spezza­rono la catena e disparvero.

Gordiana scrollò le spalle, giunse alla chiesa, prese il libro e ritornò al castello.

Quando la madre la vide dié un urlo:

  • Gordiana, figlia mia! Chi t’ha conciata così?
  • Voi, madre snaturata, che mi esponete alla mala ventura.

E ad ogni parola, uno scorpione dalla coda forcuta le scendeva lungo la persona.

Trasse il libro di tasca e lo diede alla madre; ma que­sta lo lasciò cadere con un grido d’orrore.

  • Che schifezza! È tutto lordo di bava!

La madre era disperata di quella figlia zoppa e gobba, più brutta e più perversa di prima. E la condusse nelle sue stanze, affidandola alle cure di medici che s’adopra- rono inutilmente per risanarla.

Si era intanto sparsa pel mondo la fama della bellezza sfolgorante e della bontà di serena, e da tutte le parti giungevano richieste di principi e di baroni; ma la matri­gna perversa si opponeva ad ogni partito.

Il Re di Persegonia non si fidò degli ambasciatori, e volle recarsi in persona al castello della bellezza famo­sa. Fu così rapito dal fascino soave di Serena che fece all’istante richiesta della sua mano.

La matrigna soffocava dalla bile; ma si mostrò osse­quiosa al re e lieta di quella fortuna. E già macchinava in mente di sostituire a Serena la figlia Gordiana.

Furono fissate le nozze per la settimana seguente. Il giorno dopo il Re mandò alla fidanzata orecchini, sma­niglie, monili di valore inestimabile.

Giunse il corteo reale per prendere la fidanzata. La matrigna coprì dei gioielli la figlia Gordiana e rinchiuse Serena in un cofano di cedro.

Il Re scese dalla carrozza dorata e aprì lo sportello per farvi salire la fidanzata. Gordiana aveva il volto co­perto d’un velo fitto e restava muta alle dolci parole del­lo sposo.

  • Signora mia suocera, perché la sposa non mi ri­sponde?
  • È timida, Maestà.
  • Eppure l’altro giorno fu così garbata con me…
  • La solennità di questo giorno la rende muta…

Il Re guardava con affetto la sposa.

  • Serena, scopritevi il volto, ch’io vi veda un solo istante!
  • Non è possibile, Maestà — interruppe la matrigna — il fresco della carrozza la sciuperebbe! Dopo le noz­ze si scoprirà.

il Re cominciava ad inquietarsi.

Proseguirono verso la chiesa e già la madre si ralle­grava di veder giungere a compimento la sua frode per­versa.

Ma passando vicino ad un ruscello, Gordiana, sme­morata ed impaziente, si protese dicendo:

  • Mamma, ho sete!

Non aveva detto tre parole che tre scorpioni neri sce­sero correndo sulla veste di seta candida.

Il Re e il suocero balzarono in piedi, inorriditi, e strapparono il velo alla sposa. Apparve il volto orribile e feroce di Gordiana.

  • Maestà, queste due perfide volevano ingannarci.

Il suocero e il Re fecero arrestare il corteo a mezza strada. Il Re salì a cavallo e volle ritornare, solo, di gran galoppo, al castello della fidanzata.

Salì le scale e prese ad aggirarsi per le sale chiaman­do ad alta voce.

  • Serena! Serena! Dove siete?
  • Qui, Maestà!
  • Dove?
  • Nel cofano di cedro!

Il Re forzò il cofano con la punta della spada e solle­vò il coperchio. Serena balzò in piedi, pallida e bella. Il re la sollevò fra le braccia, la pose sul suo cavallo e ri­tornò dove il corteo l’aspettava. Serena prese posto nella berlina reale, tra il padre e il fidanzato.

Furono celebrate le nozze regali.

Della matrigna e della figlia perversa, fuggite attra­verso i boschi, non si ebbe più alcuna novella.

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