Gli animali amici del fiume Secchia

Nel mese di febbraio da giorni sul fiume Secchia, pioveva, pioveva con ritmo triste ed uguale.

In una casupola, sulla riva destra del fiume, viveva la famiglia Castorini, con papà Casto, la mamma Rina e i tre figlioletti Maxi, Midi e Mini dal pelo lungo, fulvo con sfumature chiaro-scure.

Trascorrevano le giornate a bagnarsi nelle acque fangose, ma si annoiavano e in coro chiesero al papà, che aveva una risposta per tutto: “Possiamo scavare buchetti? Ci divertiamo tanto!”.

Al mattino presto di martedì, papà Casto annuì con la testina e loro tre, veloci come fulmini, corsero ad occupare un’ampia sponda del fiume cantarellando: “Trullallero trullallà noi andiamo a scavar…”

Sedevano sulle zampe posteriori; con quelle anteriori prendevano velocemente il terriccio e, con i forti denti taglienti, ne spezzettavano le zolle.

Facevano le gare per creare gallerie nell’argine, intanto papà Casto raccoglieva la terra con una carriolina e la sistemava su una montagnola, mentre mamma Rina faceva da sentinella ai tre figlioli.

Dopo alcune ore, si accorse che l’acqua del fiume iniziava a riempire le gallerie, li chiamò a raccolta e, velocemente tutti e cinque insieme, si misero a tamponare i buchetti fatti in mattinata sull’argine poi, avanti e indietro, continuarono finché tutto il terriccio fu sistemato.

Da allora capirono che quello era un gioco PE-RI-CO-LO-SO!

Nell’acqua del fiume nuotava tranquillamente un pesciolino, ma il fiume, a mezzogiorno, ingrossava, ingrossava, l’argine iniziava a cedere e l’acqua stava per allagare le campagne. Il pesciolino si impaurì, ma dalle onde emerse un pesce grosso, Luccio, che lo invitò a salirgli in groppa:

”Dove mi porti?” chiese il pesciolino e Luccio rispose:

“A chiedere aiuto!”.

Con un colpo di coda prese il largo e si avvicinò ai cespugli dove si erano nascoste quattro grosse volpi, per sfuggire agli spari dei cacciatori.

Le poverette, tremanti ed impaurite, furono attratte dal grosso pesce che, alzando la testa fuori d’acqua diceva:

“Glu aiuto! Glu aiuto! Esce l’acqua, correte correte!”.

Subito con un morso dopo l’altro e l’uso delle zampette robuste, staccarono grossi rami, li nascosero nelle codone e di corsa seguirono dall’argine il pesciolone, che le diresse nel punto dove iniziava a zampillare l’acqua…

Così vi deposero i rami e ne impedirono. la fuoriuscita.

Le furbette con la fuga si sono salvate e sono state utili ai pesci.

In un paese situato vicino agli argini del fiume Secchia, si era posizionato un circo che ospitava un cammello, che non aveva mai voglia di lavorare di pomeriggio.

Quando il domatore lo invitava per addestrarlo, l’animale si lamentava:

“Oooh… bah! Oooh… bah! Non ho voglia di lavora! Mi diverto a passeggiar con le gobbe da portar! Tengo tanta sete or mi vado a dissetar! Oooh.bah!”.

E lentamente si allontanò dalle tende, si avvicinò ballonzolante all’argine e alla vista di tutta quell’acqua iniziò a bere, bere, bere e. così la falda, in poco tempo, diminuì. poi ritornò al circo e si mise a lavorare.

Nei pressi del ponte del fiume Secchia, si trovava una grande fattoria con molti animali domestici.

Al mattino, Pippo porcello, mentre passeggiava, si diresse verso un’enorme pozzanghera, vi si tuffò per raccogliere una pallina di gomma, ma purtroppo scivolò e rimase intrappolato nel fango, non riusciva più a rialzarsi e a camminare; allora iniziò con un lamento:

“Grong grong aiuto aiutooo sono intrappolato!”

Ma nessun animale lo sentiva…

Tommaso, il contadino, nel pomeriggio fece l’appello dei suoi animali, ma si accorse che mancava il maialino, immediatamente fischiò e due anatre selvatiche perlustrarono, in volo, la zona starnazzando:

“Qua qua, qua maialino maialetto, dove sei benedetto?” e quando lo videro Pippo porcello, con voce flebile, grugniva: “Grong grong mi sono stancato! Grong grong sono malandato!” Zoom nel cielo, le due anatre come saette tornarono alla fattoria e con diversi:

“Qui quo qua que” fecero capire che il porcellino era vivo, ma in difficoltà. Tutti gli animali della fattoria gridarono:

“Evviva evviva corriamo a salvarlo!”.

Guidati dal contadino, presero una corda, vi appesero tanti secchi e tirarono.

Si misero in marcia verso il ponte, in fila indiana, in quest’ordine: anatre, cavallo Zietto, capretta Bianchina, cane Billo, somarello Gigetto, gattino Brunetto, mucca Nerina, coniglietto Giulio, gallina Caterina e in coro ognuno diceva la sua: “Qua qua qua! Ih ih ih! Bee bee bee! Bau bau bau! Iho iho iho!

Mao miao miao! Muu muu muu! Squiz squiz squiz!

Cooccodè cooccodè cooccodè!” e in coda il contadino Tommaso che borbottava:

“Una piena così non s’era mai vista!”.

In un angolo del ponte riempirono tutti i secchi, prosciugando pian piano buona parte dell’acqua che iniziava a straripare.

Poi veloci marciarono dove c’era il maialino.

Appena lo trovarono gli versarono addosso tutta l’acqua dei secchi, Pippo liberò dal fango le quattro zampette, lentamente si rialzò e riuscì a seguire tutti gli animali che, festosi, gli facevano compagnia nel ritorno alla fattoria.

Al calar della sera pioveva, pioveva, pioveva… sull’argine sinistro del fiume Secchia da un boschetto sbucarono quattro leprotti sbalorditi: i viottoli che la sera prima erano asciutti, ora erano trasformati in fango e ruscelli.

Sul ponticello di paglia che avevan pazientemente costruito, brillavano grandi pozzanghere come specchi.

Saltellando, velocemente si misero a cantar:

“Andiam andiam a chiamar i nostri amici riccetti che son furbetti, tutti i ranocchi che son quattr’occhi, i buchi riusciremo a tappar e insieme andremo a festeggiar!”

Chiamarono a raccolta tutti gli animaletti della notte e, su un grosso tronco, il leprotto più anziano disse:

“Amici miei stiamo uniti, teniamo botta così possiamo trovare la maniera per salvarci”. Non c’era tempo da perdere.

Ai piedi di un alberello, i leprotti raccolsero funghetti e li lanciarono nei buchi dei sentieri, mentre i riccetti staccarono, con gli aculei, la corteccia degli alberi e la sistemarono sul ponticello.

Nel pieno della notte i ranocchietti continuavano con insistenza a squarciagola: “groè cra groè cra groè”, così svegliarono il gufo e la civetta appollaiati sul ramo di un pioppo, che ancora sonnecchianti dall’alto, con i loro occhioni, capirono che c’era pericolo, dal fiume usciva acqua. IDEONA!

I volatili si ricordarono che, nella cavità dell’albero, avevano nascosto le rimanenze di un pic-nic di una famigliola sbadata.

Con un battito d’ali si misero al suolo e con il becco trasportarono: una lattina vuota, un tappo per spumante, una pallina da ping pong, un bicchiere di plastica e le biglie di vetro tamponando un piccolo sentiero… poi tutti ritornarono a dormire.

E così il fiume Secchia ha minacciato di inondare con le sue acque case, strade, campagne e fattorie, ma tutti gli animali della zona, si sono impegnati e, con il loro aiuto, la loro prontezza e le strategie di furbizia. l’hanno impedito.

LA PAURA DELL’ALLUVIONE ERA PASSATA!

Il giorno dopo fece capolino un timido sole e tutta l’acqua iniziò pian piano a rimanere nell’alveo.

Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) – Scuola Primaria “Gasparini” – Concordia sulla Secchia (MO)
Illustrazioni di: Chiara Pagani

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