C’erano una volta tre porcellini che avevano lasciato il papà e la mamma per girare il mondo.
Per tutta l’estate vagabondarono per boschi e pianure giocando e divertendosi. Nessuno era più allegro di loro e facevano facilmente amicizia con tutti.
Dappertutto erano ospitati con piacere, ma quando cominciò la cattiva stagione, si accorsero che tutti tornavano alle loro occupazioni abituali in previsione dell’inverno. Arrivò l’autunno con le prime piogge e i tre porcellini cominciarono a sentire il bisogno di una casa. A malincuore si accorsero che il periodo degli svaghi era finito e che occorreva lavorare come gli altri per non trovarsi in inverno senza un tetto, al freddo e sotto l’acqua.
Tennero consiglio sul da farsi, ma ognuno di loro prese delle decisioni diverse: il più pigro dei tre decise di costruirsi una capanna di paglia.
“In un giorno sarà pronta” disse soddisfatto ai fratelli.
Ma gli altri scossero la testa.
“È troppo fragile” dissero disapprovando, ma lui non li ascoltò.
Il secondo porcellino, meno pigro dell’altro, andò a cercarsi delle assi di legno ben stagionate e PIM, PUM, PAM con delle robuste martellate le inchiodò fra di loro in due giorni.
Ma la casetta di legno non trovò l’approvazione del terzo porcellino, che sentenziò: “Non si può fare una casa in questo modo. Ci vogliono tempo, pazienza e molto lavoro per costruire qualcosa che resista al vento, alla pioggia, alla neve, ma soprattutto ci difenda dal lupo!”.
Passarono i giorni e la casa del porcellino più saggio cresceva lentamente, piano piano, mattone dopo mattone.
I suoi fratelli andavano ogni tanto a trovarlo e gli dicevano ridendo: “Perché lavori tanto? Non vuoi venire a giocare?”. Ma, cocciuto, il porcellino muratore rifiutava. “Prima finirò la casa, che dovrà essere solida e robusta, e solo dopo verrò a giocare. Non sarò imprudente come voi. Ride bene chi ride ultimo!” Fu il più saggio dei tre porcellini ad accorgersi che nei paraggi un grosso lupo aveva lasciato delle tracce.
Allarmati, si rifugiarono in casa. Dopo un po’ il lupo arrivò e fissò con occhi torvi la casetta di paglia del porcellino più pigro.
“Vieni fuori che devo parlarti!” ordinò il lupo, già con l’acquolina in bocca.
“Preferisco stare qui” rispose con un fil di voce l’altro.
“Ti farò uscire io!” urlò il lupo inferocito e, gonfiato il petto, inspirò più aria che poté. Poi, con tutta la forza dei suoi polmoni, soffiò sulla casetta: la paglia ammucchiata dall’ingenuo porcellino sui fragili sostegni non resse alla folata tremenda.
Rimirando tutto soddisfatto gli effetti della sua prodezza, il lupo non si accorse che il porcellino, sgusciato dalla paglia caduta, stava correndo a rifugiarsi nella casetta di legno del fratello.
Quando si rese conto che il porcellino era scappato, il lupo già arrabbiato, montò su tutte le furie.
“Vieni qui, dove scappi?” urlò cercando di fermare la sua preda, che ormai stava entrando nella casetta di legno.
Il fratello l’accolse, tremando anche lui come una foglia.
“Speriamo che la nostra casetta regga! Appoggiamoci tutti e due contro la porta, così non potrà entrare.”
Il lupo dall’esterno sentiva parlare i due porcellini e all’idea del doppio pasto, affamato com’era, cominciò a tempestare con i pugni la porta.
“Aprite, aprite! Voglio solo parlarvi!” gridava ma, ovviamente, mentiva.
Dentro, i due fratellini piangevano atterriti e cercavano di resistere ai colpi.
Allora il lupo, infuriato, si preparò al nuovo sforzo: gonfiò ancora di più il petto e… PFFF… PFFFFUUMMM!
La casetta di legno crollò come un castello di carte.
Per fortuna il fratello saggio aveva visto tutto dalla finestra della sua casa in muratura e aprì velocemente la porta per accogliere i due fratelli che scappavano.
Appena in tempo, perché il lupo stava già picchiando furibondo sulla porta! SBUM! SBUM! SBUM!
Questa volta il lupo rimase un po’ perplesso, perché la casetta gli sembrava più solida delle altre. Infatti soffiò una volta, poi un’altra, poi un’altra ancora, ma invano. La casetta era sempre lì e i tre porcellini lo guardavano un po’ più rassicurati. Spossato da tutti questi tentativi, il lupo pensò di giocare d’astuzia.
Lì vicino c’era una scala: si arrampicò sul tetto per esaminare il camino. Le sue mosse però non erano sfuggite al porcellino più saggio che ordinò subito agli altri: “Accendete il fuoco, presto!”.
Il lupo, infilate le lunghe zampe nella bocca del camino, rimase un po’ incerto se lasciarsi scivolare nell’apertura nera. Non era un’entrata facile, ma le voci dei tre porcellini che salivano dal basso non facevano che aumentare il suo appetito.
“Non ne posso più dalla fame! Proverò a scendere!”
E si lasciò cadere giù.
Ma l’atterraggio fu piuttosto caldo, anzi… davvero troppo caldo!
La belva si ritrovò nel fuoco, intontita dal colpo della caduta.
Le fiamme attaccarono il pelo ispido, la coda soprattutto diventò una torcia ardente, insomma tutto il gran corpo del lupo divenne una massa bruciacchiata e fumante.
Come se non bastasse, il porcellino saggio che lo aspettava ordinò:
“Picchiate! Picchiate forte!”.
Il povero lupo fu bastonato a dovere, finché la porta della casetta fu aperta e la belva che gemeva e ululava dal dolore fu spinta fuori.
“Mai più! Mai più scenderò da un camino!” urlava il lupo tentando di spegnersi la coda in fiamme. E scappò più veloce che poteva.
I tre porcellini felici, ballando nel cortile, si misero a cantare: “Trallalà! Trallalà! Il lupo nero non tornerà… !”.
Da quel giorno tremendo i fratelli del porcellino saggio si misero anche loro a lavorare. In poco tempo altre due casette in muratura si aggiunsero alla prima.
Una volta il lupo tornò a gironzolare nei dintorni, ma vedendo i tre camini, gli sembrò di riprovare il dolore terribile della coda bruciata e si allontanò per sempre.
Ormai sicuro e tranquillo, il porcellino chiamò i fratelli: “Basta lavorare adesso! Su, correte, andiamo a giocare!”.
Storia tratta dal libro “Il grande libro delle fiabe“
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