Il bambino ritrovato

Questa è una storia che racconta un fatto accaduto tanti, tanti anni fa, quando nessuno di noi era ancora nato, quando re e regine esistevano ancora ed erano personaggi che decidevano della vita degli uomini senza chiedere il parere di nessun altro; quando poche persone comandavano su tutti gli altri esseri umani; quando la vita di un bambino valeva pochissimo se non c’erano la sua mamma e il suo papà a proteggerlo…

Tanto, tanto tempo fa, dicevamo, c’era un re e c’era una ragazza che si chiamava Maria Luisa.

Il re era un uomo giovane e bello, alto, biondo e con gli occhi azzurri.

Viveva in un palazzo in riva al mare, con tanti saloni ricchi di specchi e stucchi dorati alle pareti, di pavimenti preziosi costituiti da marmi colorati, di finestre alte e luminose da cui il re si affacciava e salutava i suoi sudditi nei giorni di festa o guardava il mare che era la sua passione speciale.

Egli, infatti, amava navigare nelle belle giornate di vento e di sole e aveva un’imbarcazione sulla quale saliva accompagnato soltanto da un suo fedele amico che era stato suo compagno d’infanzia e compagno di giochi, perché anche i re prima di diventare re sono bambini e giocano e hanno amici come tutti i bambini del mondo.

Un giorno, tornando da una di queste gite in barca, sulla spiaggia vide per la prima volta Maria Luisa.

La ragazza era la figlia di un pescatore ed era lì ad aspettare il ritorno delle barche che erano partite per una battuta di pesca il mattino presto. Il re non era vestito da re e perciò non era riconoscibile.

Quando i due si videro, si guardarono dritto negli occhi e fu amore a prima vista, un tuffo al cuore per entrambi.

Si incontrarono ancora molte volte fino a quando tutti seppero che il re era innamorato e voleva sposare Maria Luisa che aspettava un bambino.

“Questo è assolutamente impossibile”, disse il Primo Ministro quando il re gli comunicò la cosa, “I re sposano regine, e principesse o al massimo duchesse, contesse o baronesse, ma figlie di pescatori no. Non si è mai visto, e non si vedrà mai”. Era la ragion di stato.

Cioè si era sempre fatto così e così si doveva continuare a fare.

Che ne sarebbe stato di Maria Luisa e del bambino che doveva nascere?

“Nessun problema”, rispose il Primo Ministro, per lei era pronta una bella casa con ricchi possedimenti intorno.

Avrebbe vissuto da donna facoltosa e rispettata, ma non proprio lì, vicino al mare, un po’ più in là, su quella montagna alta che si vedeva dalla finestra della camera da letto del re, così ogni sera prima di addormentarsi gli innamorati avrebbero potuto affacciarsi alle loro finestre, guardare lontano e pensarsi prima di dormire. Non era la felicità, ma era la ragion di stato. Così doveva essere e così fu.

Il bambino di Maria Luisa nacque, crebbe, diventò adulto e quando raggiunse la maggiore età ereditò tutta la ricchezza che il re suo padre gli aveva destinato per cercare di renderlo il più felice possibile e ricompensarlo del fatto che viveva su quella montagna lontana dal mare.

Ma essere ricchi non vuol dire anche essere felici e Luigi, così si chiamava il figlio di Maria Luisa, sapendo di non avere nessun altro al mondo oltre a sua madre ormai anziana, decise di sposarsi per avere una famiglia sua, con moglie e figli che gli stessero sempre vicini e che gli volessero bene.

Non sempre, però, i desideri si realizzano e Luigi non vide realizzati i suoi.

La moglie che si era scelto e che amava moltissimo morì dopo la nascita di suo figlio e lui stesso dopo pochi anni, vinto dal dolore per una così gran perdita, la seguì nella tomba.

Che succede? Ma in questa storia muoiono tutti? Sono sempre tutti tristi? “Sembra di sì”, risponderebbe qualcuno. Invece no: la vita è così.

Siamo tutti un po’ allegri e un po’ tristi, solo che ci ricordiamo più facilmente ciò che ci dà fastidio e tendiamo a dimenticare le cose belle che ci capitano .

E’ più facile lamentarsi che apprezzare le cose belle che la vita ci dà.

Ma torniamo al piccolino, che si chiamava Luigino, solo nella grande casa e senza nessuno che gli volesse bene.

Non c’erano per lui zii, nonni, fratelli.

C’era un notaio, che avrebbe dovuto occuparsi dei suoi interessi, ma falsificò i documenti e fece sparire tutte le sue ricchezze, cosicché Luigino si ritrovò solo, povero, affamato e abbandonato a se stesso.

Che ne sarebbe stato di lui se una coppia di mercanti di tessuti e merletti non fosse passata proprio davanti alla casa di Luigino nel momento in cui lui, piangente e infreddolito, se ne stava lì aspettando che succedesse qualcosa?

I due, anziani e senza figli, viaggiavano su un carro ricco delle loro mercanzie ed erano molto soddisfatti dei loro commerci che davano loro agio e benessere.

Quando videro il bimbo tutto solo e sentirono la sua storia, si impietosirono, lo immaginarono come il figlio che non avevano mai avuto e lo portarono via con loro garantendogli per il futuro una vita sicura e protetta. Gli anni passarono.

Nel paese di Luigino si raccontava la storia del bambino che era scomparso, che era il nipote del re e di cui non si era saputo più niente. I paesani si chiedevano cosa ne fosse stato di lui e si vergognavano un po’, perché nessuno era stato capace di aiutarlo e di difenderlo.

Nel frattempo, però, Luigino cresceva, viaggiava con i suoi genitori adottivi a cui si era molto affezionato, imparava i segreti del commercio, vedeva luoghi sempre nuovi e diversi e diventava uomo.

Da uomo prese moglie, ebbe figli e nipoti e raccontava loro da dove veniva e come era stata la sua infanzia, ma la cosa sembrava così inverosimile che alla fine i nipoti credevano che il nonno ormai anziano si era inventato la storia della sua vita.

Bisogna aggiungere che il succedersi degli anni aveva cambiato anche il corso della storia. I re non c’erano più, se non nei libri e soprattutto quella famiglia reale di cui il nonno parlava aveva perso il potere da tanti, tanti anni.

Alfonso, però, era un ragazzino attento e curioso che ascoltava sempre quei racconti con interesse e faceva domande che talvolta non ricevevano risposta, perché l’età aveva cancellato molti ricordi dalla mente stanca del suo nonno. Eppure voleva sapere, conoscere i particolari, capire.

C’è un posto dove si conservano i ricordi degli uomini e sono i registri dell’anagrafe comunale e per gli anni più lontani nel tempo i registri parrocchiali. In essi da sempre vengono registrati nascite, matrimoni, funerali.

Se vogliamo controllare chi siamo e da dove veniamo dobbiamo cercare lì.

E Alfonso, ormai diventato adulto a sua volta, scrisse al parroco di quel paese lontano in cui il nonno ricordava di aver vissuto i primi anni della sua vita e dopo poco gli arrivò la lettera di risposta.

Sì, quello che raccontava il vecchio nonno era tutto vero, anzi, scriveva il parroco, in paese

raccontavano ancora la storia della sparizione misteriosa del bimbo che era stato depredato delle sue ricchezze e poi era sparito nel nulla. Alfonso accettò l’invito a visitare quella cittadina e nelle prime vacanze che seguirono si recò con la sua famiglia a conoscere quell’anziano sacerdote che lo aveva aiutato a superare la frattura che c’era nel passato della storia della sua famiglia.

Fu accolto con affetto e ciò che rimase per sempre impresso nei suoi ricordi e in quelli dei familiari che lo accompagnavano era la folla radunata sul piazzale della chiesa e il sussurro della gente: “Eccolo, eccolo, il bambino è tornato. Non era morto, è qui, è di nuovo con noi…è tornato…finalmente è tornato…”

Sì, tutti erano finalmente contenti, la storia trovava il suo epilogo e la sua morale.

Alfonso, ritrovando il luogo da cui la sua famiglia proveniva e tornando in quel paese, saldava il debito morale con il nonno, riscoprendo le vicende di Maria Luisa e di quel suo grande amore da cui la famiglia traeva origine.

Gli abitanti del paese, che avevano conosciuto la storia del bambino perduto attraverso i racconti delle nonne e che si erano sempre sentiti in colpa per non averlo protetto, si sentivano finalmente perdonati.

Sebbene adulto, Alfonso era il bambino che tornava.

In lui e nei suoi figli, ultimi discendenti di Maria Luisa, i compaesani avevano ritrovato il bambino scomparso:

La favola, che li riguardava tutti, non era più un racconto triste con un finale tristissimo, ma diventava una storia vera, a lieto fine, parte viva della vita di un uomo e patrimonio di tutta la comunità.

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