Allevamento intensivo di galline ovaiole, dalla nascita dei pulcini fino allo sfruttamento a vita delle galline. Tutti i vari “passaggi” vengono esposti di volta in volta durante lo svolgersi delle avventure dei protagonisti. Due pulcini nascono vicini di uovo e il loro affiatamento li porterà a compiere un diverso cammino per arrivare alla stessa destinazione, la libertà. La favola è molto lunga, per cui è stata divisa in diverse avventure per poterla leggere a episodi.
Un pulcino coraggioso e una pulcina intraprendente furono separati poco dopo la nascita. E queste sono le emozionanti avventure che superarono per ricongiungersi!
La nascita, l’amicizia e la separazione
Tutto ebbe inizio dentro un piccolo e accogliente ovetto. BUM, BUM, BUM, era il rumore che la nostra piccola pulcina sentì, quando per la prima volta spalancò gli occhi. Due occhini vispi e desiderosi di scoprire il mondo che, come prima cosa, videro una lucida parete bianca. Si tirò su con le piccole zampette rosa e girò su se stessa per vedere di trovare un’uscita, ma niente, era tutto chiuso. BUM, BUM, BUM. Ancora lo stesso rumore ma sempre più forte, tanto da far tremare il suo piccolo ovetto dov’era ancora rinchiusa. Allora si voltò dalla parte da cui proveniva il rumore, e vide una piccola ombra che si avvicinava e BUM, BUM, BUM. Fin quando non apparve la testa tutta gialla di un piccolo pulcino dentro il suo uovo, che subito esclamò: “Ohoh, devo aver picchiato troppo forte. Ho rotto anche il tuo uovo.
Mi dispiace non volevo, non l’ho fatto apposta.”
“Ma figurati”, disse la pulcina, “tanto avrei dovuto romperlo io, ti ringrazio di averlo fatto per me.”
BUM-BUM, BUM-BUM, e ancora BUM, e i nostri piccoli amici fecero in mille pezzi le uova in cui erano nati e diventati degli splendidi pulcini, con i becchi rosa ed entrambi con foltissime e giallissime piume morbidose. Intorno a loro vi erano tante altre uova, tutte bianche, da dove però non si sentiva provenire alcun rumore. Tutto taceva in quella cassetta di plastica rossa dove erano rinchiusi. Per cui diedero il via alle presentazioni.
“Tu come ti chiami?”, chiese il pulcino alla pulcina.
“Mi chiamo Sofia!”, rispose lei sicura, ed aggiunse: “Tu invece come ti chiami?”
“lo mi chiamo Edo!”
Dopo la breve presentazione, i due iniziarono a giocare rincorrendosi e nascondendosi in mezzo a tutte le altre uova. Si conoscevano da pochissimo tempo, ma era come se si conoscessero da sempre. Ad un tratto, BUM-BUM-BUM-BUM, rumori sempre più forti, pezzi di gusci che volavano da tutte le parti, tutte le uova intorno a loro si stavano aprendo e tantissimi pulcini gialli come loro uscivano fuori. Un grande fracasso, tutti a correre, tutti a gridare, giocare e saltare, e sul più bello, una luce fortissima entrò dalle fessure della grande cassetta di plastica, che lentamente cominciò a muoversi. In quel momento, l’intraprendente Sofia chiamò Edo per andare a vedere cosa stesse succedendo. I due corsero a guardare fuori da quelle fessure e videro un lunghissimo corridoio che finiva con una grande porta, che man mano, avvicinandosi, diventava sempre più grande, finché non si aprì e la attraversarono. Fu in quel momento che videro per la prima volta gli esseri umani: erano tutti vestiti di bianco, con una mascherina davanti al muso ed una davanti agli occhi. Non sapevano di che animali si trattasse guardando gli umani, e purtroppo
non sapevano nemmeno di essere nati nel peggior posto al mondo per dei pulcini come loro. L’umano più vicino a loro tolse il coperchio, prese di peso la cassetta che li conteneva e la svuotò, facendo cadere in malo modo tutti i piccoli pulcini. Sofia ed Edo non ebbero nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo, che si ritrovarono a testa in giù, sopra una strada che camminava da sola. In realtà non era una strada che camminava da sola, ma un nastro trasportatore, che spostava tutti i pulcini in avanti verso altri umani. I nostri piccoli amici videro davanti a sé questi umani che prendevano alcuni pulcini e li lanciavano dentro un contenitore nero, ma non capivano il perché. Purtroppo Sofia cominciò a spaventarsi un po’, tanto che si strinse forte forte al suo coraggioso amico Edo, che a sua volta aveva gonfiato il petto pronto a difendersi da quei grossi umani.
D’un tratto, arrivò il loro turno. Quella mano umana con un guanto azzurro, prese Edo. Lui cominciò a beccarla più forte che poteva, mentre la piccola Sofia, rimasta sopra il nastro trasportatore che la portava sempre avanti allontanandola da lui, strillava disperata: “EDO NON LASCI ARMIMI!!”
E lui, mentre stringeva forte il becco su quella mano, senza mollare la presa, rispose così: “ST-f-AI TR-f-ANQUILLA, TOR-f-NERÒ.”
Ma quella forte beccata non fece desistere il grandissimo umano, che lanciò dentro il contenitore nero il coraggioso Edo. Fu da quel momento che non si videro più, mentre quel nastro trasportava Sofia e la portava sempre più avanti lontana, e non c’era modo di fermarlo.
L’astuzia di Sofia e le sue nuove amiche
Ricordate? Avevamo lasciato i nostri due piccoli amici mentre venivano trascinati dal nastro trasportatore verso gli umani. Umani che prendevano alcuni pulcini e li lanciavano da una parte, mentre altri pulcini proseguivano il cammino forzato verso un’altra direzione. Purtroppo Edo fu lanciato dentro un grande contenitore nero, mentre Sofia proseguì il cammino forzato sopra quell’orribile nastro trasportatore.
La piccola Sofia cercava di correre in senso contrario per tornare da Edo, ma, malgrado i suoi grandi sforzi, non riusciva a muoversi di un centimetro; non avendo quindi altra scelta, si lasciò trasportare verso il successivo umano. Quest’ultimo prendeva ad uno ad uno tutti i pulcini e poggiava il loro becco su una lama caldissima, infatti tutti urlavano tantissimo per il dolore. A quel punto l’intraprendente Sofia decise che ne aveva avuto abbastanza e, mentre pensava a come salvarsi e salvare i suoi amici, si accorse che quell’umano prendeva i pulcini senza nemmeno guardarli. Per cui, approfittando della situazione, sgattaiolò velocemente avanti, riuscendo a passare illesa e gridando agli altri di fare lo stesso. Purtroppo, alcuni riuscirono a seguire il suo esempio e passarono, ma ahimè, altri invece no. Il passaggio era davvero stretto, e quando tutti insieme cercarono di fare lo stesso, tentando di scappare, si creò un grande ingorgo e molti vennero presi dall’umano e riportati indietro. Comunque l’idea di Sofia salvò il becco a tanti di loro e gli umani per fortuna non se ne accorsero.
Non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi e guardarsi indietro, che un getto fortissimo d’aria la sbatte forte dentro un’altra cassetta rossa, proprio come quella da cui era arrivata. Cassetta che subito dopo fu presa di peso da un altro umano e trasportata verso una nuova destinazione. Durante il tragitto la piccola Sofia, come aveva fatto insieme con Edo, si mise a sbirciare da un buco per provare a vedere dove fosse finito il suo coraggioso amico. Niente da fare, non riusciva a capire che fine avesse fatto. Molto tristemente si accovacciò in un angolino, insieme a tutti gli sventurati compagni.
Pochi istanti dopo Sofia, insieme agli altri pulcini, venne scaricata a terra in un immenso stanzone pieno di tantissimi pulcini di diverse età. Alcuni, i più piccoli, erano dentro gabbie messe una sopra l’altra, mentre i più grandicelli erano a terra. La nostra piccola Sofia, essendo appena nata, era molto piccina, per cui fu messa in una gabbia insieme a tutti i presenti nella cassetta. Fin da subito lei si rese conto che non era una bella cosa essere rinchiusa dentro una gabbia, e pensò che sarebbe stata meglio per terra. Rassegnata per ora al suo destino, si mise a chiacchierare con i suoi compagni di sventura, presentandosi e parlando di quello che era successo poco prima su quell’orrendo nastro trasportatore. Durante le presentazioni si rese conto che tutta la gabbia era piena solo di femminucce. Per sicurezza rifece il giro attorno richiedendo i nomi, Mara, Angie, Rosetta, Lucy, Amanda, Rachele, Nina, Luisa, Mina, tutte femminucce, tutte pulcine e niente pulcini come Edo. Chiese anche nelle gabbie di fianco alla sua, ma niente maschietti, nemmeno uno.
Tutto ad un tratto una gallina molto più grande, che stava fuori dalla gabbia, le chiese: “Che c’è piccola cara, perché ti affanni tanto nel cercare dei pulcini? Qui siamo tutte femminucce, non lo sapevi?”
“No, non lo sapevo!”, rispose la piccola Sofia, e poi chiese: “Tu come ti chiami?”
“Sono Carlotta e ho ben quattro mesi, e tra non molto lascerò questo posto, oh perbacco, non ne posso proprio più di stare qui”, rispose la giovane gallinella.
“Quattro mesi?”, esclamò sorpresa Sofia, e continuò: “Sei davvero grande. Io sono nata soltanto oggi.”
“Oh-oh-oh-oh, perbacco”, rise la gallinella mettendosi un’ala davanti al becco. “Dovrai aspettare un bel po’ prima di uscire da quella gabbia. Perbacco, io sono uscita appena due giorni fa, e ti garantisco che non è bello stare chiuse là dentro quando comincerete a crescere. Inizierete a litigare per il poco spazio e vi beccherete l’una con l’altra. Ah perbacco, che brutti ricordi, con tutte quelle galline insolenti che non ti lasciano nemmeno accovacciare. Che ti credi? Ci sono già passata, io.”
La giovane Carlotta era davvero una chiacchierona, tanto che Sofia non riusciva a farle altre domande. Continuava sempre a parlare, senza fermarsi, e le cose che diceva non erano per niente belle.
“Oh perbacco, io uscirò tra non molto e mi darò alla bella vita, troverò un bel gallo da sposare, metterò su famiglia ed avrò tanti pulcini da portare a spasso. Non li porterò mai in un posto come questo. Sia mai, che ti credi, non sono mica matta eh. Spero che tu faccia altrettanto mia cara piccola pulcina senza nome.” E si fece una grande risata. “AHAHAHAHAH.”
E mentre rideva le cascò la punta del becco, tanto che Sofia restò di stucco vedendola senza la punta del becco. Ma Carlotta non se ne accorse e continuò a ridere.
“AHAHAHAH mia piccola sfortunata pulcina!”, aggiunse Carlotta.
E in quel momento la nostra Sofia riuscì a parlare e disse: “Senti un po’ cara Carlotta. Ti è caduto il becco. Perbacco! Io mi chiamo Sofia e non capisco cosa ci sia tanto da ridere.”
Dopo essersi nascosta velocemente il volto con l’ala, Carlotta disse: “Il becco dici? Non può essere. Lo ha fatto la mia amica Gertrude. Le ho lasciato tutta la mia scodella di cibo in cambio.” E scappò via gridando a squarciagola: “ALLARMEEE, GERTRUDEEE, ALLARME, GERTRUDEEE, ALLARMEE!”
La piccola Sofia restò per un attimo sbalordita dell’accaduto, tanto che pensò di averla offesa e si rattristò, ma non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi, che subito tornò Carlotta tutta ansimante.
“Sofia? Tu sei Sofia? Giusto? Dimmi piccola Sofia, ho notato che tu hai un bellissimo becco, chi te lo ha fatto? Sei stata tu? Dove lo hai preso, ne voglio uno uguale al tuo, dimmi, dimmi dove l’hai preso?”
“Ma che dici?”, replicò Sofia. “Il becco è il mio.”
“Ma come?”, disse Carlotta, “Ora non lo tagliano più questi umani cattivi?”
“Ah sì, ora capisco cosa vuoi dire”, disse Sofia. “Volevano tagliarmelo sì il becco, ma io li ho fatti fessi. Sono passata di corsa mentre l’umano non guardava, e così ho detto di fare alle altre dopo di me. Hic, poi però, hic, l’umano le ha viste, hic, e le ha riportate indietro. Non è colpa miaaa.”
E la piccola Sofia scoppiò in lacrime. A quel punto Carlotta cercò di rassicurarla dicendole: “Non fare così piccola Sofia, hai già rischiato tanto nel fare quello che hai fatto. Inoltre non hai salvato solo te stessa, ma anche molte delle altre pulcine. Pensa, io sono costretta a mettermi un becco finto, fatto con il mais dalla mia amica Gertrude. AHAHAHAHA!” E scoppiò a ridere insieme a Sofia, che ancora un po’ lacrimava, poi Carlotta aggiunse: “Sai che mi succede? Tante volte mentre dormo me lo mangio e sono costretta a farmene fare un altro. AHAHAHAHAH!”
Ripresero così a ridere allegramente insieme. Insomma, anche se entrambe non sapevano ancora che destino le aspettasse, erano molto felici di essersi conosciute e che fosse nata una vera e propria amicizia tra loro. E fu così che passò un mese, da quando Sofia fu portata in quello stanzone. Carlotta e la sua inseparabile amica Gertrude partirono per una nuova destinazione, mentre Sofia, insieme alle altre, venne fatta uscire dalla gabbia. Per ora era abbastanza contenta di essere uscita dalla gabbia, ma molto triste perché non aveva avuto nessuna notizia del suo coraggioso Edo. Chissà che fine aveva fatto, si domandava sempre, e parlava spesso di lui a tutte le sue amiche.
Edo e gli altri valorosi pulcini
Ma che fine fece Edo, dopo che fu gettato dentro quel contenitore nero insieme a tutti gli altri sfortunati pulcini? il coraggioso Edo, dopo che venne lanciato in malo modo, capitombolò dentro un sacco nero, che altro non era se non una bustona grandissima di plastica, proprio come quella che a volte si usa per gettare la spazzatura. Ma perché metterci dei piccoli pulcini? Ben presto lo scoprirete in quest’altra avventura del nostro piccolo amico e di tutti gli altri pulcini.
“Ohi ohi ohi”, sentì Edo non appena atterrò dentro la grande busta nera: era la voce degli altri pulcini che erano già stati lanciati dentro prima di lui. Uno sopra l’altro, tutti spaventati e con il fiatone, che a malapena respiravano.
Perché si sa che dentro le buste di plastica non ci si possono mettere dei pulcini. Le buste di plastica sono pericolosissime anche quando vengono buttate via, potrebbero far soffocare qualsiasi animale che ne venga a contatto, soprattutto quelli marini, inoltre sono anche tanto dannose per l’ambiente. Nemmeno i bambini ci dovrebbero giocare mai, soprattutto in assenza dei genitori, infatti non sono mica giocattoli.
Ad ogni modo ora non c’era tempo da perdere, pensò subito Edo, che immediatamente elaborò un piano per scappare da quella tremenda situazione e gridò: “Amicipulcini, dobbiamo cercare di uscire da qui! Chi di voi come me è vicino alla plastica, cominci a beccare forte la busta.”
E così tutti insieme cominciarono a beccare insistentemente quella plastica nera e pian piano cominciò ad intravvedersi leggermente la luce. Qualche pulcino iniziò a tirare fuori la testa e così anche Edo, che incoraggiò tutti a fare lo stesso dicendo: “CORAGGIO, CI SIAMO QUASIIII.”
E, mentre si accingeva a beccare ancora più forte, la busta si strappò e tantissimi pulcini cascarono fuori, nuovamente uno sopra l’altro. Edo riuscì a districarsi dagli altri compagni e a controllare subito se ci fosse una via d’uscita. Era chiaro ormai che tutti i piccoli pulcini vedevano Edo come il loro condottiero, una guida che infondeva in loro tanto coraggio. Dopo un istante infatti: “ANDIAMOOOO, SEGUITEMIIII!”, gridò il coraggioso Edo, e tutti lo seguirono.
Intravvide un buco in una parete poco distante dal bustone nero, dove i pulcini passarono ad uno ad uno fino a ritrovarsi all’esterno dell’edificio; ma non era ancora finita. C’era anche una rete che li separava dalla libertà. Ma la cosa più bella era che nessun umano si era accorto di nulla. Un passo dopo l’altro, i nostri amici pulcini conquistarono la libertà. Per fortuna erano piccolini e passarono giusti giusti tra le maglie della recinzione metallica che circondava l’enorme stabile da dove scapparono. Al di là della rete, c’era una grande pianura erbosa che per fortuna li nascondeva per bene; camminarono tutti in fila indiana verso un bosco con tanti alberi. Il nostro valoroso condottiero Edo decise che quello era il luogo da raggiungere, dove avrebbero trovato sicuramente riparo dagli umani che magari volevano riprenderli. Dopo una lunga camminata, giunsero finalmente nel bosco, dove Edo cercò subito un rifugio. Trovò il tronco cavo di un vecchio albero, ma purtroppo i pulcini erano davvero tanti, per cui non vi entravano tutti; allora controllò meglio e trovò degli altri alberi cavi e divise i pulcini in 3 gruppi per farli riposare comodamente. Così, senza tante chiacchiere, i piccoli pulcini si assopirono esausti dal loro lunghissimo primo giorno di vita.
Dormirono così tanto e bene, che si risvegliarono all’alba del mattino seguente molto affamati. Uscirono dal rifugio negli alberi e si misero a setacciare il terreno in cerca di qualche cosa da mangiare, disperdendosi intorno qua e là. Fu in quel momento che il canto di un gallo ruppe il silenzio del bosco facendo spaventare i piccoli pulcini. Naturalmente essi si impaurirono, perché non avevano mai udito quel canto e tanto meno avevano mai visto un gallo, però il loro istinto gli suggeriva che era un qualcosa di cui non aver paura. Infatti Edo prese subito la parola e disse: “Amici, questo canto mi sembra proprio familiare, voi che ne pensate? Sembra essere un nostro amico, avete la mia stessa sensazione?”
E tutti in coro risposero: “SIIIIII, lo vogliamo vedereee.”
Così Edo fece strada agli altri e si diressero tutti insieme in direzione di quel canto. Giunsero nei pressi di una piccola radura e si fermarono. Restarono nascosti dalla folta vegetazione, sbirciando in rigoroso silenzio ciò che accadeva. Con loro grande sorpresa, videro un gallo adulto con la coda tinta di meravigliosi colori che cambiavano e luccicavano al sole. Era bellissimo e maestoso, e con grande stupore dopo poco canticchiò una filastrocca:
“Oh ma come son feliceee, sono forte e sono audaceee,
Mando via chi non mi piaceeeee…”
E mentre canticchiava quella frase girò lo sguardo e puntò l’ala verso i nostri piccoli amici, che tutti insieme caddero all’indietro dallo spavento. E continuò a cantare…
“Oh ma come son contentooo, sono proprio un portentooo.
Caro umano mi dispiaceeeee,
Mando via chi non mi piaceeeee…”
E mentre i pulcini si rialzarono per guardare ancora, si ritrovarono davanti il faccione grande del gallo che disse: “Chi è qui dietro che ascolta il mio canto mattutino? Vieni fuori, il grande Kasit non ha paura di niente. Fatti avanti se hai coraggio!”
Il gallo, mentre parlava ed aspettava una risposta, saltava e faceva finta di tirare dei pugni a vuoto, come a voler mostrare di essere forzuto e non avere paura di niente. Ma dovevate vedere la scena che ne seguì, proverò a descriverla nei particolari. I piccoli pulcini si accorsero subito che Kasit era un bravo gallo, per cui senza che nessuno dicesse nulla, uscirono fuori dalla vegetazione tutti insieme. E appena Kasit smise di volteggiare e sferrare pugni a vuoto, si ritrovò davanti un fiume giallo di pulcini. Prese proprio un grosso spavento, tanto che cadde e rotolò all’indietro per almeno due metri, e i pulcini risero tutti insieme per la prima volta. Per la prima volta si sentirono davvero sereni e contenti come non erano mai stati. Anche il piccolo Edo, che si distingueva per la sua serietà, rideva a crepapelle proprio come un piccolo cucciolo dovrebbe sempre fare.
Infatti dei piccoli pulcini non dovrebbero vivere scappando, bensì liberi e felici di giocare nei prati e nei boschi come il gallo Kasit.
Durante quelle grasse risate, Kasit velocemente si raccapezzò e guardò attonito quella miriade di pulcini giallissimi che molto allegramente ridevano di lui. I pulcini fecero altrettanto e lo guardarono, e mentre lo facevano, notarono che la sua cresta era piegata da una parte e piena d’erba, la indicarono e risero ancora di vero gusto. A quel punto il grande Kasit prese la parola e chiese: “Ma voi da dove spuntate piccoli?”
I pulcini non fecero nemmeno in tempo a rispondergli, che subito si udì una voce femminile che chiamava il gallo: “Kasit, dove sei? È mai possibile che quando ti dico di fare qualcosa tu sparisca sempre? Dove ti sei cacciato?”
Kasit si voltò per rispondere, ma prima di poterlo fare, una dolce signora gallina comparve alle sue spalle e disse balbettando: “Che… che… che… chi… chi… chi… so… so… sono, que… questipu… pu… pulcini? Da… da… do… do… dove saltano fuori?”
E dopo essersi ripresa gridò: “Che hai combinato Kasit? Che cosa hai fatto?Sei davvero imperdonabile.”
E mentre il povero Kasit provava a dare una spiegazione per discolparsi, la signora tirò fuori da sotto l’ala una borsetta e prese a rincorrerlo per dargliela sulla testa. Era una scena da non perdere: i pulcini dopo essersi guardati l’un l’altro, ripresero a ridere come e più di prima; alcuni di loro caddero in terra tenendosi la pancia. Per loro era proprio un simpatico teatrino, che li faceva davvero tanto divertire e non volevano smettere proprio di ridere. E la signora gallina non si diede pace, finché non colpì in pieno la testa del povero Kasit, che mentre scappava cercava di dare una spiegazione sull’accaduto. Spiegazione che nemmeno lui aveva avuto, poveraccio.
In quel momento prese la parola Edo, gridando: “SIGNORAAA, SIGNORAAA, POSSO SPIEGARLE TUTTO IO.”
A quel punto la signora gallina, di cui tra poco sapremo il nome, smise di inseguire Kasit e si diresse verso il piccolo Edo dicendo: “Sentiamo questa spiegazione. Voglio proprio sentire cos’ha combinato ancora questo testone di mio marito.”
Si girò verso Kasit e disse: “Se c’è di mezzo qualche gallinella ti farò vedere io. Alla tua età vuoi fare ancora il galletto squinternato?”
A quel punto riprese la parola Edo, che spiegò la situazione. Descrisse da che posto erano fuggiti e come, e poi raccontò di come avevano passato la notte, fino a spiegare come avevano incontrato suo marito, il gallo Kasit. Non appena Edo ebbe terminato di raccontare tutto quello che era successo a lui e a tutti quei piccoli pulcini, la bella signora che si chiamava Kora scoppiò in lacrime ed abbracciò Edo dicendo: “Piccolo mio, mi dispiace tanto di essermi arrabbiata davanti a voi, venite tutti qui piccoli amori, venite dalla zia Kora.”
E così la bella signora Kora aprì le sue grandi ali e cercò di abbracciare tutti i piccoli pulcini.
“Venite piccolini, fatevi abbracciare, siete davvero bellissimi.”
Fu un momento indimenticabile, anche il gallo Kasit si commosse tantissimo, tanto da non riuscire a contenere le lacrime. Anche lui non avrebbe mai immaginato che quei piccoli pulcini fossero arrivati da un allevamento di galline. Lui sapeva benissimo di cosa si trattava, perché era fuggito da lì anni prima, sapeva bene cosa succedeva ai pulcini e alle pulcine in quel posto. Lo aveva raccontato anche a sua moglie Kora.
I pulcini vengono praticamente buttati nella spazzatura ancora vivi, ricordate la grande busta nera? Purtroppo serviva proprio per la stesso motivo che noi tutti conosciamo; e la cosa gravissima è che ci vengono buttati dei piccoli pulcini appena nati, come se fossero spazzatura. Pulcini indifesi che non hanno nessuna colpa: solo perché sono nati maschietti e non fanno le uova, l’orrenda industria delle uova li getta via. Mentre alle piccole pulcine spetta una sorte anche peggiore: vengono fatte crescere e vengono rinchiuse in gabbie piccolissime a fare tantissime uova, di giorno e di notte, fino a sfinirle, finché non riescono più nemmeno a muoversi. E mentre sono rinchiuse in queste gabbie, litigano tra di loro perché hanno pochissimo spazio a disposizione. Ecco perché quegli umani cattivi tagliano loro il becco, perché non si facciano del male mentre bisticciano tra loro. Tutto questo è tremendo, e per questo qualcuno dovrebbe porvi rimedio, e quel qualcuno scopriremo chi sarà nelle prossime avventure.
Per fortuna i piccoli pulcini erano scappati e scampati a quell’atroce sorte, e per un altro favoloso segno del destino avevano incontrato proprio la famiglia giusta. Infatti tutti i pulcini, compreso Edo, furono adottati dal gallo Kasit e da sua moglie Kora, che se ne presero cura insegnando loro a vivere all’aperto, a procacciarsi il cibo e a razzolare liberamente nelle zone sicure del bosco. Insomma, la brutta vicenda ebbe un lieto fine, ma solo in parte, perché il coraggioso Edo, che divenne davvero un bel galletto, non aveva dimenticato la sua cara Sofia. Ma questo lo scopriremo nella prossima avventura.
Sofia e le uova rubate
Erano passati ormai quasi cinque mesi e Sofia non ebbe più nessuna notizia del suo carissimo Edo; ovviamente non lo aveva dimenticato, era sempre nei suoi pensieri e lo stesso accadeva per lui. Insomma, erano distanti, nessuno dei due sapeva se l’altro se la fosse in qualche modo cavata, se fosse ancora vivo, ma non si erano persi d’animo. Eh sì, purtroppo nel mondo degli animali si corrono tantissimi rischi, soprattutto in quel mondo artificiale dove si trovava a crescere la piccola Sofia. Ricordate? Lei era rimasta rinchiusa in un grandissimo stanzone con tante altre amiche, ma scopriamo cosa successe ancora…
Sofia era diventata una bellissima gallinella, bella come tutte le sue amiche certo, ma lei aveva un non so che di affascinante che la rendeva unica. Il suo modo di fare, la sua intraprendenza… anche lei, come Edo per i suoi compagni, era diventata un punto di riferimento per tutte le altre galline. In quell’orribile stanzone enorme, era quella che aveva sempre una soluzione a tutto: in ogni disputa, in ogni litigio, lei era in grado di calmare gli animi e di mettere pace tra le tante amiche che avevano idee e intenzioni differenti. Chi lottava per il cibo, chi diceva di essere la più bella, chi veniva emarginata perché perdeva alcune piume… Sofia riusciva a ricucire ogni rapporto, era il meccanismo che teneva insieme e unite tutte le galline che condividevano la prigionia con lei.
Era stata lei a usare per prima il termine “prigionia”, perché, a differenza delle altre, un po’ più ingenue, era riuscita ad accorgersi che la vita non poteva finire in quelle quattro enormi mura, in quel grosso perimetro fatto dall’uomo. Lei sosteneva che doveva esserci di più. Che dire, e come darle torto? A noi sembra tutto normale, perché siamo liberi, lei invece, che viveva rinchiusa, aveva intuito che qualcosa non andava e aveva pienamente ragione. Quel giorno, sembrava essere un giorno come un altro; Sofia sentiva sempre la mancanza di Edo, ma anche delle sue più care amiche, Carlotta e Gertrude, con cui era stata insieme più di un mese, prima che loro uscissero per andar via. Almeno questo era quello che pensava e diceva Carlotta, ma Sofia aveva qualche dubbio in proposito, e adesso era arrivato il momento anche per lei di scoprire cosa ci fosse fuori da quello stanzone dove era stata rinchiusa per 5 lunghissimi mesi della sua vita.
Come sempre entrò l’umano che solitamente riempiva i contenitori del cibo. Dovete sapere che il cibo era la cosa che non mancava mai là dentro. Era questo il motivo per cui Sofia aveva dei dubbi sul suo futuro: non riusciva a capire perché gli umani avrebbero dovuto dar loro così tanto da mangiare per poi liberarle. Inoltre non erano per niente buoni, tutt’altro: quando passavano in mezzo a loro alcuni davano anche dei calci per spostarle, incredibile. Quel giorno, quello stesso umano si diresse, come era accaduto quando uscirono Carlotta e Gertrude, verso il grande portone che dava sull’esterno. Non appena lo aprì, entrò una luce abbagliante, quella del sole mattutino, e un leggero venticello portò alle narici delle gallinelle un’aria pulitissima, tanto che tutte insieme fecero un profondo respiro. Non avevano mai respirato un’aria così pulita, erano abituate a sentire un puzzo tremendo dentro a quello stanzone senza finestre, e questo nonostante vi fossero delle ventole per arieggiarlo.
Quell’aria era diversa e quasi tutte le galline, compresa Sofia, si incamminarono verso l’uscita, attirate da quella brezza mattutina e dal calore dei raggi del sole. Mentre alcune altre, forse per paura, erano riluttanti a lasciare lo stanzone. Purtroppo a queste ultime pensò l’umano, che con un bastone le spaventò e le fece correre fuori facendole gridare dalla paura, poverine. Uscirono tutte e, poco dopo, dietro di loro venne chiusa una rete metallica e vennero lasciate al sole in un recinto per qualche ora. Dietro di loro venne chiusa la grande porta dello stanzone, che da fuori era un enorme capannone, invece davanti a loro c’era un’altra costruzione quasi uguale, da dove si sentivano le voci di altre galline.
Quel sole fu molto salutare per le giovani gallinelle, tutte erano davvero contente: chi si accovacciava per terra, chi razzolava cercando qualcosa nel terreno, chi, come la nostra piccola Sofia, si guardava intorno, perlustrando la zona e cercando di capire cosa sarebbe successo. Dopo poco infatti, si aprì la porta dell’altro capannone, e uscirono fuori quattro umani. Sofia corse subito, ansiosa di vedere cosa ci fosse dentro, e vide un corridoio lunghissimo tutto illuminato e, ahinoi, a destra e a sinistra tante gabbie una sopra l’altra.
Da quella porta usciva un puzzo tremendo e tanta polvere, inoltre si vedevano tante piume che cadevano giù dalle gabbie. Ma che posto era mai quello, si domandò Sofia. E mentre scrutava ancora dentro quell’orrendo posto, un umano le si avvicinò e la prese per le zampe. Sì, avete sentito bene, per le zampe! Infatti rimase a testa in giù impotente e arrabbiata, insieme a un’altra amica. Ma insomma questi umani, non sono modi di prendere delle indifese galline che non vogliono fare male a nessuno! Percorsero a testa in giù il corridoio, finché l’umano non aprì una gabbia piccolissima in cui c’era già una gallina e vi mise dentro in malo modo sia Sofia che la sua amica Rosetta, una delle prime che aveva conosciuto. Poi Sofia vide passare tutti gli altri umani che prendevano allo stesso modo tutte le altre sue amiche. Che cosa tremenda, altro che libertà! Che altro le aspettava ora?, pensò incredula.
Dopo aver portato dentro tutte quante, quegli uomini chiusero le grandi porte e Sofia si rannicchiò guardando quell’assurdo posto. Nella gabbia non c’era spazio nemmeno per una gallina ed erano dentro in tre; sotto le zampe non c’era della terra, bensì una grata di metallo e si doveva stare attente a non incastrarvi la zampa tra uno spazio e l’altro. Ma come avrebbe fatto a vivere là dentro, pensò, non c’era nemmeno lo spazio per girarsi. Mentre era assorta nei suoi pensieri, vide che davanti a lei rotolavano delle uova che si fermavano davanti alla gabbia, e così anche sopra di lei e sotto di lei. Rimase talmente estasiata da quelle uova che il suo istinto le fece venir voglia di deporne subito uno tutto per sé. Chiuse gli occhi e si riposò e nel dormiveglia sognava di avere un uovo. Con sua enorme sorpresa, quando aprì gli occhi, sotto di lei c’era davvero un bellissimo uovo. Tutta contenta, lo raccontò subito alla sua amica Rosetta e, mentre lo faceva, vide che anche il suo uovo rotolava giù insieme agli altri e non riusciva più a riprenderlo.
“Accidentaccio!”, disse Sofia. “Ora dovrò farne un altro!”
Quindi si accovacciò nuovamente. Ma questa volta decise di stare più attenta, e si mise a guardare cosa le succedeva attorno. Si accorse dopo un po’ che tutte le altre galline, comprese le sue amiche, erano impegnate a fare delle uova, e si rese conto che nessuna di loro riusciva a conservarne uno per sé. Dopo poco, davanti a lei e alle altre passarono degli umani con dei secchi in cui riponevano le uova e le portavano via: il suo uovo e quelli di tutte le sue compagne. Fu in quel momento che realizzò cosa stava accadendo: capì che le uova non rotolavano giù per caso, le uova rotolavano giù perché quelle gabbie erano costruite apposta perché esse rotolassero giù! Di scatto balzò in piedi, prese fiato e urlò a tutte le altre galline: “RAGAZZEEEEE… ASCOLTATEMI”‘
E subito ci fu un grande silenzio.
“Smettete di fare uova per favore. Non vi siete accorte che rotolano tutte giù e ce le rubano?”
In quel preciso istante, tutte le galline si misero a parlare tra loro. Alcune le diedero ascolto ma altre, troppo abituate alla situazione, non le credettero. E, mentre Sofia cercava altre argomentazioni da dare alle sue compagne, si udì una debole voce che disse: “Ha ragione Sofia, ascoltatela, lei è molto coraggiosa.”
Sofia guardò poco avanti a lei e vide una gallina che aveva pochissime piume, le sembrò da subito molto vecchia e indifesa e le fece un bel sorriso. Poco dopo si chiese come mai sapesse il suo nome, infatti aveva gridato Sofia. Allora la guardò ancora, e capì chi era. Le lacrime anticiparono le sue parole e con il cuore in gola disse: “Ma tu sei Carlotta? La mia amica Carlotta.”
E Carlotta con voce flebile rispose: “Sì, sono io Sofia cara, sei diventata davvero grande e bella.”
A quel punto Sofia scoppiò davvero in lacrime, nel vedere la sua carissima amica Carlotta ridotta in quello stato. Non riusciva nemmeno a parlare e sembrava che avesse almeno dieci anni in più, le mancavano quasi tutte le piume sul collo e sulle ali, non portava più nemmeno il suo becco finto. In quel preciso istante, Sofia si arrabbiò tantissimo: non poteva accettare che quegli umani cattivi riducessero così una giovanissima gallina, costringendola a fare uova dalla mattina alla sera per poi rubargliele! Era davvero su tutte le furie. Si gonfiò a tal punto dalla rabbia, che le compagne di gabbia si spaventarono. Diede dei colpi fortissimi alla gabbia e questa si aprì leggermente; appena intravide l’apertura, continuò a colpire ancora più forte, finché la porta non si spalancò del tutto. Non appena fuori dalla gabbia, gridò a tutte quante di ribellarsi, disse che una volta fuori di lì nessuno avrebbe più potuto rubare le loro uova. Per fortuna le altre galline, quando videro che Sofia era fuori dalla gabbia, ascoltarono finalmente il suo consiglio e tante di loro, le più forti, riuscirono ad aprire gli sportelli. Una volta fuori, imitarono Sofia che era intenta ad aprire tutte le altre gabbie alle galline più deboli. Nel giro di pochi minuti furono tutte libere, anche Carlotta. Fu a quel punto che Sofia prese il comando e con l’aiuto delle galline più forti organizzò una battaglia contro gli umani cattivi che le tenevano prigioniere. Tutte insieme attesero, nascoste, che gli umani entrassero nel capannone per tendere loro una trappola. Attesero molto tempo l’arrivo degli umani e da fuori udivano un forte trambusto. Che cosa stava succedendo all’esterno dell’edificio? Perché gli umani non arrivavano mai?
La riunione nella grande radura
Anche il nostro amico Edo in quei cinque mesi diventò un vero e proprio galletto, molto bello e soprattutto muscoloso. Questo a dispetto degli umani che volevano gettarlo via perché inutile per il loro tornaconto personale, perché come gli altri compagni essendo maschietto non avrebbe fatto le uova. La vita selvatica e la libertà lo avevano fatto crescere sano e forte e in grado di badare a se stesso. Lui, come anche gli altri suoi numerosissimi compagni, ricordate? Tutti quelli che si erano messi in salvo insieme a lui, certo che lo ricordate.
Tutti loro, in quei lunghi mesi, erano stati seguiti e accuditi dal gallo più simpatico e forte del bosco, Kasit, e dalla sua dolcissima compagna Kora. I due avevano insegnato a tutti i pulcini come vivere all’aria aperta e liberi, come procurarsi cibo e acqua, li avevano portati a vivere con loro nella grandissima grotta che qualche anno prima il gallo Kasit aveva scovato. Una splendida grotta calda e accogliente, che condividevano con i pipistrelli, i quali uscivano tutti insieme di notte mentre loro dormivano.
infatti ipipistrelli, che sono animali notturni, al contrario di galli e galline che sono animali diurni come noi, escono di notte per procurarsi il cibo e fare tutto quello che fanno gli altri animali di giorno.
Insomma era nata una pacifica convivenza tra loro, tanto che la mattina presto Kasit e gli altri scambiavano sempre quattro chiacchiere con un magnifico pipistrello che si chiamava Chiro. Naturalmente tra i vari insegnamenti che Kasit diede ai pulcini, ormai diventati galletti, c’era anche la difesa da possibili pericoli nel bosco. Quest’ultimo insegnamento ovviamente doveva essere usato solo in caso di pericolo e mai per bisticciare tra loro, Kasit su questo era stato chiaro, non voleva veder litigare nessuno, ma aveva scordato un piccolo particolare. Infatti Edo, che non si era mai dimenticato della sua cara Sofia, era determinato a usare quelle tecniche per andare a liberare la sua amica e le altre dall’allevamento. Molto probabilmente perché Kasit un giorno gli aveva spiegato cosa succedeva là dentro, ed era giunto il momento per Edo di comunicare la sua idea a Kasit.
Per cui un giorno, mentre tornavano dalla solita lunga passeggiata nel bosco alla ricerca di cibo, Edo espose il suo piano per liberare la sua cara Sofia e tutte le altre galline dalla prigionia dell’allevamento intensivo. In un primo momento Kasit fu contrario, ma le motivazioni espresse da Edo fecero riemergere in lui il ricordo di quell’orribile posto e lo fecero infuriare. Per cui Kasit prese in mano la situazione e indisse subito una riunione con tutti i galletti e mandò a chiamare anche i galli di altri territori del bosco.
La riunione ebbe luogo in una grande radura dove generalmente si tenevano i balli e canti annuali dei fidanzamenti, balli dove ogni gallina mette in mostra le sue abilità di danzatrice e i galli la loro abilità nel canto, per provare ad incontrare la rispettiva anima gemella con cui passare il resto della vita. Ma veniamo a noi. Il nostro amico Edo salì sopra un grande sasso e vide una immensa folla di maestosi e coloratissimi galli e tante bellissime galline. Erano così tanti che era impossibile anche solo pensare di contarli! Vicino a ogni gallo c’era la sua famiglia, in cui si intravvedevano non solo i figli ma anche dei galli anziani che dovevano essere i nonni o addirittura i bisnonni del gallo dominante di quella stirpe.
Tutto ad un tratto il gallo Kasit prese la parola: “Cari amici e care amiche, vi ho fatto riunire in questo luogo, per raccontarvi la storia dei piccoli pulcini che io e la mia compagna Kora abbiamo deciso di adottare tempo fa…”
Raccontò le disavventure dei piccoli pulcini che scapparono dall’allevamento in cui li volevano gettare via come se fossero spazzatura, parlò anche della loro audace fuga verso il bosco e di come lui li avesse presi sotto la sua protezione. Inoltre dovette anche spiegare che cosa era un allevamento intensivo, perché quasi tutti quei galli selvatici e le loro mogli e famiglie non lo sapevano. Poi si soffermò sulla richiesta che gli aveva fatto Edo, quindi proseguì il discorso dicendo: “Come avrete capito dalla storia che vi ho raccontato, il coraggioso Edo riuscì a trarre in salvo tutti quanti i suoi amici e questo lo rese molto felice. Ma da allora lui è anche molto triste, perché non ha potuto salvare la sua amica Sofia e tutte le altre pulcine e galline che sono ancora rinchiuse là dentro. Quindi, cari amici, l’idea di Edo è quella di fare irruzione nell’allevamento e liberare tutte le galline e i pulcini. So che per voi sembra un’idea folle, l’ho pensato anche io, ma ho ricordato che anche io arrivo da quell’orribile allevamento, per cui credo fermamente che sia doveroso per noi salvarli. È giusto che ogni animale viva la propria vita e si goda la propria libertà, come facciamo tutti noi. Quindi vi chiedo se vorrete unirvi a noi, per questa grande rivoluzione che sono sicuro passerà alla storia. Per cui ora ditemi, chi di voi vuole prendervi parte?”
Come starete immaginando, tutti i presenti a quella storica riunione gridarono in coro un enorme: “SIIII…”
A dimostrazione di quanto amore unisca questi animali che tante persone pensano non avere sentimenti e credono che non possano provare dolore, tristezza, solitudine e tutto quello che anche noi umani proviamo. Sono soltanto una specie diversa dalla nostra, sono fisicamente diversi da noi, sono bellissimi, sono forti eppure fragili, purtroppo indifesi contro quegli umani cattivi che non comprendono che vorrebbero essere protetti e non trattati come macchine per produrre uova, oppure gettati via se non possono farle. Ad ogni modo, dopo aver affinato per bene il piano di attacco, tutti i nostri amici si diedero appuntamento per l’indomani mattina ai bordi del bosco.
La rivoluzione
Era l’alba del nuovo giorno, quello dopo la riunione tenuta nella grande radura dei canti e delle danze. I primi raggi di sole apparvero timidi all’orizzonte e tutti i galli cantarono insieme come tutti i giorni, ma in quello speciale giorno ogni gallo fu orgoglioso di intonare un verso particolare per infondere forza e coraggio a tutti gli abitanti del bosco. Edo non aveva dormito quasi per niente, nell’attesa del grande giorno; si era già preparato per la partenza e con immenso stupore vide uscire dalla grotta, insieme a lui, non solo i galletti che ormai erano diventati come tantissimi fratelli, ma anche il grandissimo stormo di pipistrelli con cui dividevano il rifugio, guidati dal saggio Chiro, quello con cui Edo e Kasit parlavano spesso (è così che era venuto a sapere del piano di liberazione). Come avevamo già detto, i pipistrelli di solito durante il giorno dormono, ma non in quel giorno speciale: quel giorno anch’essi decisero di aiutare i loro amici. Come luogo dell’appuntamento fu scelta l’ultima fila di grandi alberi, molto vicina ai campi che separavano il bosco dal grande allevamento. Kasit ed Edo si misero alla testa del grandissimo gruppo di galli e galline: avete sentito bene, anche tutte le galline vollero partecipare, e con esse anche Kora, la compagna di Kasit. Durante il percorso il corteo diventava sempre più numeroso e lungo, tanto che quando Edo si girava all’indietro non ne vedeva la fine. Dopo quasi un’ora di cammino, giunsero ai margini del bosco e si fermarono per aspettare che anche gli altri arrivassero.
Una volta che anche l’ultimo partecipante fu vicino al confine, Kasit gridò: “CISIAMO TUTTI?”
E tutti e tutte risposero in coro: “SIIIII…”
“ANDIAMOOOOOOOO!”
E così iniziarono tutti ad attraversare il campo insieme ai pipistrelli che volavano in massa, andando e tornando, velocemente, dal capannone dell’allevamento. Finché anche tutti i galli e le galline arrivarono furiosi davanti ai capannoni e trovarono gli enormi cancelli aperti, per cui non fu necessario nemmeno sfondare la recinzione. Entrarono in massa senza mai voltarsi indietro, e la strada bianca spariva davanti a loro mentre prendeva i tanti colori delle migliaia di galli e galline che vi camminavano, proprio come se la strada fosse diventata un fiume dai mille colori. Edo riconobbe subito il capannone da dove era scappato insieme agli altri, e invitò tutti i suoi fratelli a seguirlo; quando furono vicini, forse per il grande rumore che provocavano camminando, un umano aprì l’enorme portone per guardare cosa stesse succedendo. Ma appena mise la testa fuori e li vide si mise ad urlare, perché i primi galletti gli stavano già beccando i piedi.
Che spettacolo ragazzi, avreste dovuto vedere! I galletti fecero irruzione e beccarono i piedi a tutti gli umani presenti e nel frattempo entrarono anche tantissimi pipistrelli che cominciarono a volare sopra le teste degli umani, incutendo loro ancora più paura e facendoli scappare a gambe levate. Gli umani stavano trasportando un carrello con alcune cassette rosse piene di tantissimi pulcini, proprio come quelle dove nacquero Edo e tutti gli altri fratelli. Infatti appena lui riconobbe quelle cassette rosse, corse velocemente verso il grande portone che portava alla stanza dove vide per l’ultima volta Sofia, mentre nel frattempo alcune galline si premurarono di mettere subito in salvo quei piccoli pulcini chiusi nelle cassette.
Una volta davanti a quel portone, spinsero tutti insieme con gran forza e riuscirono ad aprirlo in meno che non si dica. Al suo interno trovarono altri due umani che stavano indossando i guanti da lavoro, e li beccarono chi nei piedi e chi, volando, anche nel sedere, facendo scappare anche questi ultimi inseguiti dai pipistrelli che gli sfioravano loro la testa e le orecchie per impaurirli. Videro subito che dalla parte opposta del grande stanzone, dove Edo riconobbe il nastro trasportatore che lo separò per sempre dalla sua Sofia, c’era una porta e senza pensarci un momento di più, con l’aiuto degli altri compagni, aprirono anche porta e attraversarono un piccolo corridoio. Corridoio che portava alla stanza dove venivano fatte crescere le pulcine in attesa che diventassero abbastanza adulte da poter deporre le uova. Edo questo non lo sapeva, ma sia la sua esperienza da selvatico, sia quello che si trovò davanti, glielo lasciarono percepire. L’enorme stanzone infatti era pieno di pulcine piccolissime e tante gallinelle di ogni età. Sentì subito un odore tremendo che non lo lasciava nemmeno respirare, e davanti a sé, in fondo alla stanza, vide una porta grandissima aperta con altri umani che portavano fuori alcune galline e le mettevano in un piccolo recinto.
Ricordate? Proprio lo stesso recinto dove fu messa Sofia per la prima volta all’aria aperta
Quindi senza perdere un istante, Edo e gli altri si scagliarono addosso a quegli umani, che allertati dal rumore delle ali e di tutti quei pipistrelli che entravano e uscivano dal capannone, cercarono riparo nell’altro capannone, dove si trovavano rinchiuse le galline condannate per sempre a fare uova dalla mattina alla sera.
E qui, ragazzi miei, dovreste ricordare l’intraprendenza e il coraggio della giovane Sofia quando capì che le sue uova venivano rubate. Se vi ricordate la fine di una delle precedenti avventure, avrete già capito cosa stava per succedere. All’interno di quel capannone, tutte le galline erano riuscite a venir fuori dalle gabbie ed erano nascoste ad attendere che gli umani aprissero il portone per poter scappare. Che coincidenza, nonostante Edo e Sofia non si vedessero da cinque mesi, era come se i loro pensieri si fossero magicamente incontrati e avessero stabilito insieme di porre fine a quella tremenda prigionia. Ognuno guidato e spinto dalla voglia di rivedere l’altro.
Ad ogni modo, gli umani entrarono in quell’orribile e maleodorante capannone convinti di trovarvi rifugio e invece, non appena chiusero la porta alle loro spalle, le centinaia di galline, insieme a Sofia, saltarono loro addosso per dar loro una bella lezione. Le più forti svolazzavano dall’alto delle gabbie saltandogli in testa, mentre le più anziane e deboli beccarono loro i piedi e le caviglie costringendoli a riaprire il portone per scappare. Quando aprirono il portone, furono letteralmente sommersi da galli e galline che, tutti insieme, li fecero scappare a gambe levate.
Fu in quel preciso istante che Edo e Sofia si ritrovarono nuovamente fianco a fianco, senza rendersene nemmeno conto. Lui si trovava da una parte del grande portone del capannone dove era rinchiusa Sofia, mentre lei ne era appena uscita inseguendo quegli umani. Quindi Edo corse dentro il capannone gridando a squarciagola: “SOFIAAA. DOVESEIII?…”
Sofia naturalmente non sapeva che appena uscita avrebbe ritrovato il suo caro Edo, ma quando sentì quella voce, intuì immediatamente che poteva trattarsi soltanto di lui, allora rispose immediatamente: “SONO QUIII.”
Edo si rese subito conto che la risposta di Sofia proveniva dal di fuori del capannone e quando si voltò per uscire, davanti a lui i suoi fratelli fecero in modo di aprire un varco, facendo spostare gentilmente tutte le gallinelle che erano appena uscite, per farli incontrare. I due finalmente si rividero dopo tanto tempo e bastò una rapida occhiata per riconoscersi. Dopo qualche attimo di esitazione, andarono l’una incontro all’altro in silenzio, finché ognuno di loro pronunciò dolcemente il nome dell’altro: “Edo sei tornato a salvarmi?”
“Sì cara Sofia, lo avevo promesso…”
E, dopo un istante, i due si abbracciarono e piansero dall’immensa gioia. E non furono i soli, tutti i presenti si commossero, chi perché aveva conquistato la libertà e chi perché fu felice di aver preso parte a quella indimenticabile rivoluzione. E chi, come la povera Carlotta, sorrise per la prima volta dopo quella lunga e tremenda prigionia. Gli umani finalmente erano stati sconfitti, non restava altro da fare che andarsene e ritornare nel bellissimo bosco tutti insieme. Edo presentò immediatamente la bellissima Sofia a Kasit e Kora e, dopo aver tratto in salvo fino all’ultimo prigioniero di quell’orrendo allevamento, si misero in cammino verso il bosco.
La libertà
Le migliaia di galline, galli, galletti, gallinelle, pulcini e pulcine, e anche qualche uovo non ancora schiuso, insieme ai carissimi amici pipistrelli che li avevano aiutati a scappare dal grande allevamento, arrivarono finalmente nel bosco. A tutti e tutte fu garantita una bella e comoda sistemazione: chi andò nella grande grotta di Kasit e Kora e dei pipistrelli, chi invece andò con altre famiglie nei grandi tronchi degli alberi, oppure nei bellissimi nidi o tane abilmente costruite da chi già viveva in libertà nel bosco. Alla povera Carlotta crebbero di nuovo pian piano le piume che aveva perso durante la lunga prigionia in cui fece tantissime uova, e tutta quella felicità le riaccese l’entusiasmo di una volta.
Edo e Sofia passavano ore ed ore insieme a raccontarsi tutti i terribili episodi che avevano vissuto, e mentre si trovavano a bere vicino a un laghetto arrivò una piccola pulcina molto timida che chiese loro: “Voi siete i famosi Edo e Sofia vero?”
“Sì.”, rispose Sofia, e allora la pulcina continuò: “Io mi chiamo Fiorella e vengo a comunicarvi che domani sera si farà la festa dei canti e dei balli nella grande radura.”
“Ma grazie cara Fiorella, saremo davvero molto lieti di parteciparvi. Non è vero Edo?”
Edo restò per un attimo in silenzio, mentre lentamente sopra il becco arrossì visibilmente e rispose balbettando: “Ce-ce-certo che-che-che sì, come no, sì-sì.”
Rispose proprio a questo modo, e sapete il perché? Forse non lo ricordate? Vi do un aiutino: i grandi balli presagivano i fidanzamenti! Ma andiamo avanti con la storia.
Da quell’istante in poi Edo e Sofia non pensarono ad altro che alla grande festa della radura e passarono tutto il tempo a prepararsi per il lieto evento. Edo si puliva e lisciava le piume sotto il sole, mentre Sofia si preparava in compagnia della signora Kora e dell’immancabile amica Carlotta, che la aiutavano a farsi ancora più bella.
Era tradizione che i galletti dovessero arrivare per primi alla radura ed attendere l’arrivo delle gallinelle, motivo per cui Edo fu uno dei primi ad arrivare. Appena arrivato, insieme agli altri suoi fratelli, cominciò a intonare dei canti e pian piano arrivarono tutti i galli e la grande radura fu sommersa dai tanti colori delle loro splendide piume. Dopo poco arrivarono anche le gallinelle, tutte agghindate a festa con ghirlande di fiori colorati, tanto da lasciare sbalorditi tutti i galletti, e la festa ebbe inizio.
Ogni gallo e gallina era intento a cercare la propria dolce metà. Infatti Edo corse subito a cercare Sofia e appena la vide rimase come pietrificato da tutta quella bellezza, mista alla sua semplicità. Anche questa volta arrossì tantissimo sopra il becco, ma Sofia senza esitare un attimo di più, iniziò a danzare davanti a lui, che le regalò il più bel canto che lei avesse mai sentito. E fu così, cari amici, che Edo e Sofia stettero insieme per sempre e vissero felici e contenti con tutta la grandissima famiglia.
Ops, dimenticavo un’altra cosa importante. Ricordate le uova salvate da quell’orrendo postaccio? Sì? Ebbene, si schiusero tutte quante, proprio tutte, e uscirono tanti meravigliosi pulcini. E indovinate? Edo e Sofia adottarono tutti i pulcini e le pulcine, donando così una vita libera e felice a tutti loro, come quella che si erano conquistati loro stessi dopo tutte queste fantastiche avventure.
Pubblicato nel maggio 2016.
Autore delle favole: Pier Mauro Marras
Autrici dei disegni, le bimbe: Darina Marras, Oksana Marras, Alina Marras Revisione editoriale a cura di AgireOra Edizioni Impaginazione a cura di Roberta Fraccaro
Impaginazione in pdf a cura di Lorenza Cevoli.
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