“Che ti capita, cardellino?”, chiese lo spaventapasseri, gentile come sempre.
“Va male – sospirò il cardellino – il freddo mi sta uccidendo e non ho un rifugio. Per non parlare del cibo. Penso che non rivedrò la primavera”. “
Non aver paura. Rifugiati qui sotto la giacca. La mia paglia è asciutta e calda”.
Così il cardellino trovò una casa nel cuore di paglia dello spaventapasseri. Restava il problema del cibo. Era sempre più difficile per il cardellino trovare bacche o semi.
Un giorno in cui tutto rabbrividiva sotto il velo gelido della brina, lo spaventapasseri disse dolcemente al cardellino: “Cardellino, mangia i miei denti: sono ottimi granelli di mais”.
“Ma tu resterai senza bocca”.
“Sembrerò molto più saggio”.
Lo spaventapasseri rimase senza bocca, ma era contento che il suo piccolo amico vivesse. E gli sorrideva con gli occhi di noce. Dopo qualche giorno fu la volta del naso di carota.
“Mangialo. È ricco di vitamine”, diceva lo spaventapasseri al cardellino.
Toccò poi alle noci che servivano da occhi: “Mi basteranno i tuoi racconti”, diceva lui.
Infine lo spaventapasseri offrì al cardellino anche la zucca che gli faceva da testa.
Quando arrivò la primavera, lo spaventapasseri non c’era più. Ma il cardellino era vivo e spiccò il volo nel cielo azzurro.