Pompei – La città sepolta

In una luminosa giornata d’inverno, sotto l’imperatore romano Nerone, il 5 febbraio del 62 d.C., l’intera zona intorno al Vesuvio venne sconvolta da un primo disastroso terremoto.

La città di Pompei, ai piedi del vulcano, fu in parte distrutta, ma subito vennero intrapresi rapidi programmi di ricostruzione.
Diciassette anni più tardi, nel 79 d.C., la crosta del Vesuvio esplose e arrivò la catastrofe. Per quattro giorni di seguito ci furono scosse di terremoto poi, il 24 agosto, il vulcano eruttò e seppellì sotto uno strato di lapilli e cenere alto 6 – 7 metri la vita affaccendata di Pompei.

Com’era la città di Pompei, cancellata dalla terra, ce lo hanno rivelato gli scavi e l’azione preziosa di tanti archeologi.
Il console Silla e l’imperatore Augusto avevano dato il loro contributo di edifici e di abbellimenti, ma la massima attività edilizia si ebbe sotto Nerone. Le strade della città erano molto strette per assicurare un po’ di ombra durante le estati torride. Su ambedue i lati delle strade principali v’erano zone sopraelevate (marciapiedi). Poiché nel mezzo scorrevano le acque di scolo, tra le due zone si disponevano grosse pietre, per permettere ai pedoni di passare da un lato all’altro della strada.

Agli incroci vi erano delle fontane con mascheroni di pietra e abbeveratoi, serviti – come i lavatoi pubblici – da serbatoi alimentati da un acquedotto lungo 26 chilometri.

Le mura, originariamente in terrapieno con palizzata e in seguito rivestite di tufo e calcare del fiume Sarno, videro ulteriori rafforzamenti e verso il 100 a.C. vi furono aggiunte dodici torri. Si impiegava quasi mezz’ora per fare il giro delle mura.

Subito fuori di esse, gli scavi hanno portato alla luce grandi aree principalmente adibite a cimiteri, dal momento che le sepolture e le cremazioni erano proibite all’interno della città.
I rapporti tra i vivi e i morti erano molto forti; alcune delle tombe più grandi erano dotate di sale da pranzo e perfino di cucine per i banchetti annuali previsti nel testamento di coloro che vi erano sepolti. I parenti infatti non solo visitavano queste tombe, ma almeno una volta all’anno vi banchettavano.
A Pompei c’erano due bei teatri in pietra.

Il più importante era il Teatro Grande, che poteva accogliere circa 5000 spettatori e che, con l’Anfiteatro, è più antico di qualsiasi costruzione corrispondente di Roma (i sedili in tufo della gradinata, la cosidetta cavea, furono costruiti almeno trecento anni prima di quelli del Colosseo).

Il Teatro Piccolo, conosciuto anche con il nome di Odeion, era un edificio dedicato a spettacoli musicali e declamazioni di poesie, riservato a un pubblico raffinato e ristretto come dimostra anche il numero ridotto di posti, circa 1300.

I suoi frequentatori sedevano sotto una specie di copertura, che assicurava anche un’ottima acustica.
Gli scavi hanno evidenziato che questa città sepolta possedeva anche due campi sportivi e non meno di quattro lussuosi bagni pubblici.

Sono venuti alla luce dieci templi dedicati a differenti divinità, ma sono le case private di Pompei a costituirne la serie di monumenti più stupefacente.

Adatt. da Le mie prime ricerche, La Sorgente

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