Secondo la leggenda nata a Verona, nel Medioevo, si era diffusa una grave epidemia che prendeva gli occhi, che aveva colpito soprattutto i bambini. La popolazione aveva allora deciso di chiedere la grazia a Santa Lucia, compiendo un pellegrinaggio a piedi scalzi e senza mantello, fino alla chiesa.
A causa del freddo, inizialmente i bambini si rifiutarono di prendere parte alla processione. I genitori allora promisero loro che, se avessero ubbidito, la Santa avrebbe fatto trovare, al loro ritorno, numerosissimi doni. I bambini accettarono felici, l’epidemia cessò e da quel momento in poi è rimasta viva la tradizione di portare in chiesa i bambini il 13 dicembre per ricevere una benedizione agli occhi.
La notte del 12 dicembre è invece rimasta l’usanza per tutti i bambini di coricarsi a letto aspettando l’arrivo di S. Lucia (o Santa Lùssia) che porta regali e dolciumi a bordo del musseto, ovvero un asinello volante, ed accompagnata dal castàldo de Santa Lùssia (il suo fattore) che trasporta tutti i doni per i bambini di Verona.
Spesso succede che Santa Lucia si faccia annunciare da campanelli che si sentono risuonare all’esterno delle case.
La sera del 12 dicembre si è soliti lasciare all’interno della propria casa sul tavolo un piatto con del cibo, affinché sia la Santa, sia il castaldo, sia l’asinello, possano rifocillarsi prima di ripartire per il loro viaggio verso le case di tutti gli altri bambini.
Ai bimbi che non si sono comportati bene durante il corso dell’anno, Santa Lucia porta il carbone.
Per i bambini veronesi l’arrivo di Santa Lucia è sempre stata una grande festa accompagnata da emozioni, da felicità e da un po’ di paura: guai infatti a restare alzati fino a tardi ed aspettare svegli l’arrivo della Santa, poiché quest’ultima è pronta a buttare la cenere addosso a chiunque provi a rivolgerle uno sguardo.