Tutti a pesca
Nel tardo pomeriggio, i miei fratelli più grandi ed io quasi sempre andavamo a pesca.
Staccavamo i molluschi dalle rocce per usarli come esche, salivamo sulla barca a remi o a motore e cercavamo un luogo adatto per gettarvi l’ancora. Poi rimanevamo seduti silenziosi, aspettando che il pesce abboccasse, e io mi stupivo sempre di come il più piccolo movimento in fondo alla lunga lenza risalisse lungo il filo fino alle dita che lo reggevano.
– Abbocca! – gridava qualcuno, dando uno strattone al filo
– L’ho preso! È grosso! Enorme!
Seguiva la gioia di ritirare il filo, una mano dopo l’altra, scrutando sotto la superficie dell’acqua trasparente per
vedere, man mano che saliva in superficie, di che taglia fosse in realtà il pesce.
Merluzzo, merlano, sgombro, prendevamo tutto e portavamo la preda alla cucina dell’albergo dove la cuoca, una donna gioviale, ci prometteva di cucinarceli per cena. Quelli sì, amici miei, erano tempi!