In un lontano paese viveva, una volta, un giovanotto, tanto bello quanto povero, che si guadagnava il pane facendo il mandriano. Un giorno, mentre le mucche pascolavano, questo giovanotto, che si chiamava Ion, si mise a sedere all’ombra di un albero e si addormentò. Sognò una fata che gli diceva:
«Quando ti sveglierai, riporta le mucche al tuo padrone, va’ in città, al palazzo reale, e presentati al giardiniere che cerca un garzone. Sarà l’inizio della tua fortuna!»
Poco dopo Ion si svegliò, ma non diede retta al sogno, anzi ci fece sopra una bella risata. Il giorno dopo, però, quando riportò le mucche allo stesso pascolo e si rimise a sedere sotto lo stesso albero, si addormentò di nuovo e di nuovo sognò la fata che gli ordinava di andare alle reggia. Lo stesso accadde il terzo giorno, e questa volta Ion decise di obbedire. Si licenziò e si presentò al giardiniere reale.
Questi, che aveva davvero bisogno di un garzone, lo squadrò e gli disse:
«Ti assumo; il tuo lavoro sarà quello di preparare ogni giorno dodici mazzolini di fiori da offrire alle dodici figlie del re quando vengono a fare la loro passeggiata in giardino».
Così Ion cominciò a lavorare; ogni mattina coglieva i fiori più belli e profumati, componeva dodici mazzolini, li legava con un nastro di seta e stava pronto a porgerli alle principesse che li prendevano passando, col viso cupo, imbronciato e disfatto dalla stanchezza, senza neppure guardarlo in faccia.
Dopo qualche tempo, incuriosito da quel modo di fare, Ion domandò al giardiniere:
«Che cos’hanno le principesse che sono sempre così serie?».
«Hanno il cuore di ghiaccio» rispose lui. «Dev’essere una stregoneria. Belle come sono, non riescono a trovare un marito, non s’innamorano di nessuno… L’unica loro passione è il ballo.»
«Ah, sì?!» fece Ion, stupito «ma se da quando lavoro qui non c’è mai stata una festa, a corte».
«Eppure» disse il giardiniere con aria misteriosa «tutte le notti le principesse vanno a ballare e la mattina le loro scarpe sono consumate e disfatte. Non si sa come facciano a uscire, perché il re chiude il loro appartamento con tre catenacci di cui solo lui ha la chiave…»
Da quel giorno, Ion si mise ad osservare con maggiore attenzione le principesse, tanto più che la giovane gli piaceva molto. Questo non significava nulla, naturalmente, visto che lei era una principessa e lui un garzone di giardiniere, ma gli sarebbe piaciuto lo stesso scoprire il segreto.
Anche il re era molto preoccupato; proprio in quei giorni decise di fare di tutto per svelarlo. Così emise un bando nel quale diceva che avrebbe dato in sposa una delle sue figlie a chiunque, nobile o plebeo, avesse scoperto dove andavano a ballare le principesse ogni notte.
Il primo a presentarsi fu un marchesino che si fece rinchiudere nell’appartamento delle principesse, promettendo di fare buona guardia. La mattina dopo, però, quando il re aprì la porta, il marchesino non uscì e, nonostante le ricerche, non fu più ritrovato: era scomparso. La stessa cosa capitò al secondo e poi al terzo, al quarto, al quinto, fino all’undicesimo. Dopo l’undicesimo non ci fu più nessuno che si arrischiasse di farsi chiudere nell’appartamento o, peggio, di avvicinarsi alle principesse.
Loro, intanto, cupe, silenziose, stanche, non dicevano una parola, continuavano a consumare dodici paia di scarpe ogni notte. L’unico che non avesse paura di avvicinarle era Ion il quale consegnava i mazzolini come sempre; solo che ora, quando porgeva i fiori alla principessa più giovane, arrossiva, e arrossiva tanto, che lei alla fine se ne accorse. Benché il suo cuore fosse di ghiaccio e non provasse alcuna commozione, quel rossore la fece pensare e, un giorno, mentre prendeva il suo mazzolino dalle mani tremanti di Ion, lasciò scivolare su di lui un lungo sguardo interrogativo.
Al fremito che provò, Ion si accorse di essere innamorato della principessa e, poiché l’unico modo che aveva di farla sua sposa era quello di scoprire il mistero dei balli, decise di tentare: l’indomani sarebbe andato dal re a chiedere il permesso.
Quella notte, però, la fata gli apparve in sogno e gli disse:
«Aspetta: non è ancora venuto il momento.» E soggiunse:
«In fondo al giardino troverai una zappa d’oro, una brocca d’oro, un fazzoletto di seta e, accanto, due piantine che non hai mai visto: una rossa e una dorata. Devi trapiantare queste piante in due vasi, usando la zappa d’oro, annaffiandole con la brocca d’oro e asciugandole con il fazzoletto di seta. Abbine cura perché quando saranno alte come te esaudiranno ogni tuo desiderio».
La mattina dopo, Ion andò in fondo al giardino, trovò tutto quello che aveva detto la fata e fece come lei aveva ordinato. Le piante in poche settimane diventarono alte come lui e lui che intanto aveva studiato un piano, un giorno si mise davanti a loro e disse:
«Voglio diventare invisibile».
Sembrò che la pianta rossa rispondesse con un tremolio: sulla sua cima spuntò un boccio che pochi attimi dopo si apriva in un bel fiore rosso. Ion lo colse, se lo infilò nella camicia e… diventò invisibile.
Quella sera stessa, Ion entrò nell’appartamento delle princi- pesse che, appena furono chiuse a chiave con i tre catenacci, cominciarono a prepararsi per il ballo. Quand’ebbero finito la maggiore batté il piede per terra e sul pavimento si aprì una botola con una scala che portava giù. Le principesse in fila scesero e Ion le seguì, camminando dietro la più giovane, che era l’ultima. Finita la scala si trovarono in un giardino; lo attraversarono e si trovarono in un bosco dove tutti gli alberi erano d’argento; lo attraversarono e si trovarono in un bosco di alberi d’oro; lo attraversarono e si trovarono in un bosco di alberi di diamante; lo attraversarono e si trovarono sulla riva di un laghetto dove dodici barche con dodici giovanotti, aspettavano le principesse per condurle in un castello che sorgeva in mezzo all’acqua.
Ion salì sull’ultima barca e giunse anche lui al castello. Qui le principesse, al suono di un’orchestra invisibile, si misero subito a ballare con i giovanotti e continuarono tutta la notte come se la musica le costringesse a danzare contro la loro volontà.
All’alba la musica tacque e i ballerini entrarono in un altro salone dove li aspettava una tavola imbandita con cibi e vini raffinatissimi; mangiarono e bevvero, poi le principesse furono accompagnate in barca fino alla riva del lago. Attraversarono i tre boschi in silenzio, ma mentre uscivano da quello d’argento, Ion, che camminava sempre in fondo alla fila, staccò un rametto da un albero e in quel momento si udì un tuono come una tempesta che si avvicinava. Le principesse ebbero paura, fecero l’ultimo tratto di corsa, arrivarono nel loro appartamento e s’infilarono a letto poco prima che il re aprisse la porta ed esaminasse le loro scarpe che erano, come sempre, distrutte.
Intanto Ion era tornato, visibile, in giardino a preparare i mazzolini; tra i fiori di quello destinato alla sua principessa mise il ramoscello d’argento e aspettò. Quando lei ebbe i fiori, notò subito il rametto e lanciò una lunga occhiata al giovane che glieli porgeva: come l’aveva avuto?
La notte successiva, Ion, diventò invisibile e seguì di nuovo le principesse; al ritorno, strappò un ramoscello da un albero d’oro e in quel momento si udì un rombo di tempesta; le principesse si spaventarono e corsero via in gran fretta, ma la più giovane scosse la testa, pensierosa. E quando, più tardi, trovò il ramoscello d’oro nel suo mazzolino, lasciò che le sorelle andassero avanti e si fermò a parlare con il garzone del giardiniere.
«Dove l’hai preso, questo rametto?» gli domandò.
«Tu lo sai».
«Allora ci hai seguite e conosci il nostro segreto».
Ion non rispose; e la principessa soggiunse: «Guai a te se lo rivelerai a qualcuno: ti farò tagliare la testa.»
La terza notte Ion seguì ancora le principesse e, al ritorno, strappò un ramoscello di diamante; nuovamente si udì, molto più vicino questa volta, un rombo di tempesta. Le principesse ebbero paura, ma la più giovane no, anzi si lasciò sfuggire un sospiro e se le sue sorelle l’avessero guardata in quel momento avrebbero visto un leggero sorriso sulle sue labbra.
Quando poi, la mattina dopo, trovò, come si aspettava, il rametto di diamante tra i fiori, le sembrò di sentire un gran caldo nel petto dove pure batteva un cuore di ghiaccio. Guardò attentamente il giovanotto, si rese conto che le piaceva molto e decise di parlarne alle sorelle.
Le chiamò; tutte insieme rientrarono in casa e si misero a discutere dell’accaduto senza accorgersi che Ion, divenuto invisibile, le aveva seguite.
Alla fine della discussione, la principessa maggiore concluse rivolta alla minore:
«Non importa se ti piace; è sempre un giardiniere. Ma anche se fosse un principe noi non possiamo rinunciare ai balli. Perciò farà la fine di tutti gli altri: gli faremo bere la coppa dell’oblio e scomparirà».
«D’accordo!» dissero le dieci sorelle; e la minore, che non era d’accordo, dovette chinare la testa.
Ion uscì in punta di piedi; andò davanti alle sue piante magiche e disse:
«Voglio diventare raffinato ed elegante come un principe».
La pianta dorata ebbe un fremito; e subito un fiore d’oro sbocciò sulla sua cima. Ion lo colse, se lo infilò nella camicia e si trasformò in un principe. Si presentò al re, che non lo riconobbe, e gli chiese di poter fare la guardia alle principesse.
Il re ebbe pietà e gli consigliò di desistere; ma egli insisté tanto che alla fine ottenne il permesso. Lo accompagnò all’apparta- mento delle figlie e ve lo chiuse dentro. Anche le principesse non lo riconobbero; solo la più giovane, guardandolo, provò la stessa sensazione di calore e capì che il bel principe e il giardi- niere erano una sola persona: non lo tradì, però.
Venuta l’ora, le principesse, seguite da Ion, andarono al castello in mezzo al lago; ballarono tutta la notte e all’alba si sedettero insieme a tavola. Mangiarono e bevvero allegramente fino al momento di tornare indietro; stavano già per avviarsi, quando la principessa maggiore, con un grazioso gesto, porse una coppa a Ion, e gli disse:
«Bevi, caro».
Ion prese la coppa, si voltò verso la sua principessa e la guardò con gli occhi pieni d’amore.
«Anche tu vuoi che io beva?»
Lei non rispose; abbassò la testa stringendosi il viso fra le mani, tremando come se dentro il suo petto due forze contrastanti si combattessero violentemente. Ion alzò la coppa e l’avvicinò alle labbra…
«No!» gridò lei. «Non bere!»
Allora Ion rovesciò la coppa e appena il liquido che conteneva toccò terra si udì un gran rombo, più forte di quelli che si erano uditi in quegli ultimi giorni; un lampo accecò gli occhi di tutti. Quando poterono vedere di nuovo, il castello era scomparso e tutti si ritrovarono nell’appartamento delle principesse: la stregoneria che legava le fanciulle al ballo era stata stroncata.
Ci si può immaginare la gioia del re.
Qualche giorno dopo Ion e la sua principessa si sposarono e anche le altre undici sorelle, che non avevano più il cuore di ghiaccio, a una a una si innamorarono e trovarono marito. Nessuna di loro andò mai più ad una festa di ballo.
Testo trovato su internet.
Adattato da C. Capaccio, Fiabe Danubiane, Edizioni Primavera, Firenze, 1995