La storia di Tulipana (fiaba lombarda)

La Cantastorie racconta una fiaba della Lombardia: è la storia di “Tulipana” una ragazza un poco pigra, che incontra un gatto molto speciale.

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C’erano una volta quattordici sorelle, e la più giovane si chiamava Tulipana: era una lazzarona, che non aveva proprio voglia di comportarsi bene. La madre preparava le medicine, faceva l’erborista, e tutte le mattine mandava le figlie in montagna con la gerla a raccogliere le erbe medicinali. Partivano tutte e quattordici, ma tredici lavoravano, si davano da fare, mentre la quattordicesima tutto il giorno rincorreva le farfalle. Le sorelle la sera le davano tutte una manciata d’erba, e così anche lei riempiva la gerla; poi andavano a casa, nella grande cucina vuotavano le gerle, e dopo la cena dividevano le erbe una ad una, scegliendo una qualità e un’altra. Una sera, giunte a casa con le gerle, come al solito le vuotarono, ma da quella di Tulipana uscì una vipera che, s’ich s’ich s’ich si mise a correre per la cucina; la madre spaventata urlò:

“Mi hanno portato la morte in casa!”, poi chiese in quale gerla si trovasse la vipera. Le figlie risposero:

“In quella di Tulipana”, e lei subito rivolta alla madre disse:
“Sono state le mie sorelle a metterla dentro!”.
“Ah sì! – la rimproverò la madre – Sono state loro? Bene, via, tutte a letto senza cena”.

Avevano lavorato tutto il giorno ed erano affamate, allora arrabbiate, dissero a Tulipana:
“Questa ce la pagherai, ce la pagherai salata!”

Il mattino seguente si alzarono, fecero colazione, si caricarono le gerle sulla schiena e come al solito andarono a raccogliere le erbe; Tulipana rincorreva le farfalle e neppure guardava l’erba. Si fece sera, per tutta la giornata le sorelle non le avevano rivolto nemmeno una parola, e riempite le gerle si avviarono lasciandola indietro.

“Aspettatemi! – gridò loro Tulipana – cosa faccio qui da sola?”.

Cominciava a farsi buio, e le sorelle neppure si voltarono; Tulipana continuava a chiamarle:
“Aspettatemi, ho paura!”, ma nessuna si voltò. Allora si mise a piangere e pensava tra sé: ‘Mi hanno proprio abbandonato. Cosa posso fare adesso? Se avendo con la gerla vuota, cosa potrò raccontare a mia madre?’. E così d’un tratto si mise a gridare:” Lupi della foresta, venite in mio aiuto! Belve della foresta, venite in mio aiuto! Cani e gatti della foresta, venite in mio aiuto!”. D’improvviso comparve un grosso gatto rosso, con due gobbe e due occhi di fuoco.

Tulipana, appena lo vide, urlò spaventata:
” Via, brutta bestia!”
” Tu mi hai chiamato – disse il gatto – ed io sono venuto”.
” Mi fai paura, vattene che non ti voglio”, ripeteva Tulipana. Ma il gatto la consolò:
” Non far così, Tulipana, io ti aiuterò a raccogliere l’erba in fretta, io conosco anche le scorciatoie, e così potrai passare avanti alle tue sorelle!”.

Poi si mise a raccogliere l’erba con le zampe, le riempì la gerla e gliela sistemò sulle spalle, quindi le disse:” Andiamo per questi sentieri, arriverai a casa prima delle tue sorelle”. Tulipana prese la gerla e s’incamminò, ma di tanto in tanto guardava se il gatto la seguiva o se restava indietro: ma lui era sempre di qua o di là, e intanto pensava: ‘ Quando arriverò al cancello, entrerò e ti chiuderò fuori!”.

Quando arrivarono davanti alla casa, Tulipana aprì il cancello, entrò e lo richiuse in fretta. Ma il gatto fece un balzo e la seguì.
‘Bene, arriverò alla porta, e là non riuscirai più ad entrare!’, pensava Tulipana. Infatti arrivò alla porta, lei entrò, e lo chiuse di fuori: ‘Meno male, adesso non c’è più!’. Tulipana era ancora impaurita, andò in cucina, vuotò la gerla, si mise a mangiare, quando ebbe finito ‘Vado a letto’, si disse, e si avviò verso la sua stanza. Il gatto era scomparso. Quando fu sotto le coperte d’improvviso sentì:“Tirati in là! Ho lavorato tutto il giorno, voglio dormire anch’io!”.

“Santo cielo!”esclamò Tulipana: il gatto aveva fatto il giro della casa ed era entrato dalla finestra, ed ora si era infilato nel letto accanto a lei. Per tutta la notte non riuscì a chiudere occhio. AI mattino la madre svegliò le ragazze. Come era solita fare, Tulipana scese in cucina, ma nella scodella trovò solo metà del latte: “Come mai?”, disse meravigliata. Di sotto il tavolo il gatto le rispose: “Ho lavorato anch’io, voglio mangiare anch’io”. Tulipana mangiò la sua mezza scodella di latte, poi si disse: ‘Devo partire affamata, e stare così tutto il giorno!’.

Era arrabbiata: per tutto il giorno non guardò mai il gatto, ma lui intanto le raccolse l’erba, le riempì la gerla, come aveva fatto la sera prima. ‘Beh, riuscirò a disfarmene!’, pensò alla fine Tulipana mentre si caricava la gerla sulle spalle. Ma non ci riuscì. Lui corse avanti, ed entrò in casa prima di lei. Tulipana andò per mangiare la sua minestra, le scodelle erano pronte, ma la sua era piena solo a metà: l’altra metà l’aveva mangiata il gatto. Al colmo della rabbia, Tulipana pensò: ‘Mangia anche metà del mio cibo, come farò?’, e rivolta al gatto gli disse: “Vattene, non ti voglio più!”.

“Ho lavorato anch’io – le rispose il gatto – ascolta, non arrabbiarti, stasera metti una trappola nella legna: prenderai un topo, sarà bianco, ti pregherà di lasciarlo andare, ma tu non lasciarlo, dallo a me, altrimenti io mangerò ancora il tuo cibo”

“Va bene”, disse Tulipana, ma per tutto il giorno rimase imbronciata. La sera, quando fu a letto, il gatto, che era accanto a lei, le disse: “Senti? La trappola è scattata!” Subito la ragazza si alzò, e dentro la trappola trovò un topolino bianco, tanto bello, che la implorava:
“Tulipana, non avrai il coraggio di farmi mangiare da quella brutta bestia! Guarda come sono bello, lasciami andare!”. II topolino la pregava, la supplicava, ma lei non lo liberò, e lo diede da mangiare al gatto.

Il mattino seguente il gatto non aveva più le gobbe, era diventato bello, ma era ancora rosso.
“Come sei bello questa mattina!”, gli disse Tulipana.
“Guarda, stasera io non toccherò il tuo cibo, ma tu metti ancora la trappola”, le disse il gatto. Tulipana così fece. Rimasero a lungo in attesa; la trappola non scattava mai. Quando finalmente scattò, scesero di corsa: trovarono un topino ancora più bello dell’altro, bianco anche quello, che la pregò e la pregò di lasciarlo andare. Ma Tulipana non si lasciò impietosire: lo diede al gatto e questi se lo mangiò.

Il mattino seguente il gatto era tutto bianco, un bel gattone tutto bianco.
 “Come sei bello!”, gli disse la ragazza tutta contenta. Rimasero insieme tutto il giorno. La sera il gatto di nuovo le disse: “Guarda che stasera ne prenderai un altro, ti pregherà tanto, ma tu non lasciarlo andare, dallo a me”.
“No, no, non lo lascerò davvero!”, lo rassicurò Tulipana.

Rimasero lì fino a mezzanotte, fino a quando la trappola scattò; allora scesero, e nella trappola c’era un topino tutto bianco, con le orecchie rosa e gli occhietti celesti, tanto bello! Tulipana tra sé e sé si diceva: “Domani mattina sarà così anche il mio gatto”.
Il topino la pregò di lasciarlo andare, piangeva e piangeva; “No, non ti lascio andare”, gli disse Tulipana, e anche quello lo diede al gatto.
Al mattino quando si svegliò, Tulipana vide il gatto sul balcone che la guardava: era così bello! Lei balzò in piedi per prenderlo, ma lui le disse:”Addio,Tulipana, io me ne vado al Castello di corallo rosso: se vorrai rivedermi, verrai là”.

Fece un balzo, e sparì.
Tulipana si mise a piangere, ma poi si vestì a festa, scese e disse:”Mamma, vado!”
“Dove vai?”, le chiese stupita la madre.
“Vado in cerca del Castello di corallo rosso”.
“Sei matta, non s’è mai sentito neppure nominare!”, ribattè la madre.
“Sì, io vado a cercarlo, deve esserci!”. E partì.

Cammina cammina, girò a lungo, domandò a tutti; nessuno ne aveva mai sentito parlare. Stanca, si trovò ad un certo momento su di un prato, lontano dalle case; faceva buio, e d’un tratto vide una casina; guarda: non c’era né uscio per entrare, né una finestra, solo sotto il tetto c’era una piccola finestrina. Rimase a lungo a guardare, domandandosi: “Come si farà ad entrare? Come si farà?” Dalla finestrina vide uscire una farfalla. ‘Ah, adesso ti prendo!’, pensò, e la prese per una ala. La farfalla continuava va a dibattersi, finché l’ala rimase in mano a Tulipana, e la farfalla fuggì. Tulipana allora mise l’ala nel fazzoletto, ben ripiegato, poi posò il fazzoletto in terra, come un cuscino, vi poggiò il capo e si addormentò. Prima di addormentarsi,però, guardando in alto, si diceva: “Se almeno uscisse qualcuno da quella finestrina!”. Ed ecco che si era affacciato un serpente.

Quando si svegliò la casina non c’era più, al suo posto Tulipana trovò un grande lago in cui nuotavano i cigni di mare. Stupita mentre guardava tutto questo, si chiedeva:
‘Cosa è mai accaduto? Com’è tutto cambiato intanto che ho dormito!”
Uno dei cigni le si avvicinò e le disse: “Tulipana, sali che ti porto sull’altra sponda”. Lei ubbidiente salì e si fece trasportare dall’altra parte.
Una volta che fu sul dorso del cigno gli chiese:
“Sai dove si trova il Castello di corallo rosso?”

“Quando ti poserò di là – le rispose il cigno – ti insegnerò una strada: andrai per quella via, incontrerai qualcuno che ti darà indicazioni”. Quando giunsero sull’altra sponda, il cigno col becco si tolse una penna da un’ala, una penna dall’altra e una penna dalla coda, dicendo: “Prendi queste tre penne: quando incontrerai degli ostacoli, dei pericoli, toccali con queste penne, e i pericoli, gli ostacoli scompariranno”. Tulipana lo ringraziò e si incamminò per la via che le era stata indicata. Cammina e cammina, incontrò un signore e gli chiese:
“Sapete dove si trova il Castello di corallo rosso?”
“Non ne ho mai sentito parlare!”, le ri­spose quello meravigliato.

‘Come farò?’, si diceva Tulipana. Cammina ancora un poco, incontrò un altro signore:
“Sapete dove si trova il Castello di corallo rosso?”, chiese anche al secondo.
“Vai avanti un poco e vedrai che lo troverai”, le disse questo signore.

Allora tutta contenta, cammina e cammina, ad un tratto vide un bel Castello di corallo rosso: il cancello era aperto, la porta era aperta, fece per entrare, ma ecco che al cancello comparve un lupo. Tulipana con una penna lo toccò sulla testa, e Il lupo subito si trasse in disparte e la lasciò passare. Giunta alla porta, si vide davanti un leone: prese l’altra penna, lo toccò sulla testa, e anche il leone la lasciò passare. Cerca di qua cerca di là, nelle stanze non c’era nessuno. Si avvia su per le scale, ed ecco un serpente scendere fin giù, in modo che non poteva salire. Allora prese l’ultima penna e lo toccò sulla testa: il serpente si trasse da parte e la lasciò passare. Arrivata in cima alle scale, cerca e cerca, non tro­vava niente, finché vide una piccola porta, la aprì e si trovò in una stanzetta. Nel centro della stanzetta, tutta tappezzata d’oro, stava un tavolino, sopra il tavolino c’era un cuscino e su di esso dormiva il suo gatto. Tulipana si avvicinò: “Ah eccoti qui! – disse – Mi hai fatto tanto penare!”.

Come il gatto si svegliò, balzò a terra e subito si trasformò in un giovane che le disse:

“Mi hai salvato! I maghi mi avevano confinato nel bosco, e se tu non avessi fatto questo lungo viaggio, io sarei rimasto qui per sempre. Sappi che io sono il figlio del re, ed ora che mi hai salvato, andremo a casa, dai miei genitori e ci faremo conoscere da loro”.
E la storia è sempre la stessa: si sono sposati

han fatto pastino e pastone 
non ne hanno offerto nemmeno un boccone

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