Beatrice aprì una mano e un animaletto verde volò via.
- Che cos’era?
Le chiese Shahzaib.
- Un maggiolino. Hai visto? Era sul gladiolo con una farfallina. Sembrava che si parlassero…
Chissà in che lingua – aggiunse sorridendo – sono così diversi.
- Proprio come noi – commentò Shahzaib – siamo diversi, ho dovuto imparare la tua lingua, eppure siamo amici.
Ma senti, la maestra ci aveva sfidato solo a scoprire le cose più interessanti dell’orto botanico, mica ad acchiappare al volo insetti!
Non hai avuto schifo a tenerlo in mano?
Beatrice, sistemandosi all’ombra dei gladioli e raccogliendo le ginocchia al petto, iniziò a raccontare.
- No, affatto! Anzi, per me è un piacere. Vedi, io compio gli anni a maggio. Il giorno esatto del mio compleanno, mio padre mi porta a fare colazione dalla nonna. Mangiamo insieme torta di mele e latte, poi andiamo tra le rose a cercare un maggiolino. Lo consideriamo un portafortuna. Ce n’è sempre uno ed è bello appoggiarlo sul palmo della mano e sentire il solletico delle sue zampette.
Shahzaib le sorrise, spalancando una finestra di denti candidi e facendo brillare grandi occhi verdi nel colore olivastro della sua carnagione.
- Pensa, anche mia mamma compie gli anni in primavera, all’inizio di giugno, e mio padre quel giorno torna sempre a casa con una rosa. A volte la compra e a volte chiede di poterla raccogliere in un giardino: l’importante è che sia profumatissima.
Non era frequente che Shahzaib parlasse della propria famiglia e Beatrice ne approfittò al volo.
- Sai che la tua mamma l’ho vista solo una volta a scuola? Non la si incontra mai per strada. Credo di non averle mai nemmeno parlato – fece una risatina – invece a te mia mamma ti bersaglia sempre di domande. Mia mamma non si sa mai come farla stare zitta – soggiunse – Papà
lo dice sempre che le manca il tasto per spegnere l’audio! Shahzaib stropicciò pensieroso una foglia del gladiolo.
- Già, mia mamma ha delle abitudini molto diverse da quelle delle vostre mamme. Sta quasi sempre a casa.
- Non si annoia?
- Annoiarsi?! Si diverte a perseguitare me e i miei fratelli per i compiti! No, scherzo. È che ha un sacco di impegni!
Beatrice era incuriosita e mosse un po’ le gambe per sgranchirsi, ma non distolse lo sguardo dal viso di Shahzaib.
- Quali impegni?
Shahzaib le scoccò un’occhiata e Beatrice temette di essere stata un po’ troppo curiosa.
Era sul punto di scusarsi quando il bambino cominciò a parlare.
- Le amiche vengono a trovarla e tutte insieme prendono il tè. Che non è mica una cosa da poco come da voi, anche solo la preparazione è un rito vero e proprio.
La curiosità di Beatrice cresceva sempre di più.
- Sai cosa mi piacerebbe? Avere anch’io sulle mani e sui piedi uno di quei disegni con l’henné così belli e sottili che sembrano opere d’arte.
- Ma dai! Non è mica un gioco come un vostro tatuaggio. È un rito religioso! – Replicò seccato Shahzaib.
- Non volevo offenderti – Beatrice spostò lo sguardo verso l’alto, dove c’era uno squarcio di cielo blu – pensa come sarebbe bello se potessimo scambiarci il meglio di ciò che siamo e creare un mondo migliore… Ma sarà molto difficile – proseguì, improvvisamente incupita – se continuano a esserci in giro quelli come Martino e la sua truppa. Non capisco perché ci prendano sempre come bersaglio delle loro cattiverie.
- A me sembra chiarissimo – Shahzaib si strinse nelle spalle – Io vengo da lontano e gli sembro diverso.
- Già. – borbottò Beatrice, amareggiata – La stessa cosa vale per me. Dicono che sono un maschiaccio e non approvano le mie amicizie!
Proprio in quel momento un sibilo lacerò l’aria e un sasso impattò bruscamente tra i piedi di Shahzaib e Beatrice, sollevando un bel po’ di terra.
I due bambini scattarono in piedi.
- Vi abbiamo trovato!
Era Martino che stava urlando, un bambino paffuto e lentigginoso con l’aria da innocentino che strideva con il bastone che aveva in mano.
Dietro di lui Giulio, un ragazzino ossuto, si muoveva nervoso da un piede all’altro, calpestando le primule con le sue scarpe pesanti e all’ultima moda.
Di corsa arrivava anche Tiziana, una bimbetta dall’aria pestifera vestita tutta di rosa.
- Dove sono i fidanzatini? – cantilenava – Shahzaib e Beatrice sempre insieme, stanno insieme…
Giulio raccolse un altro sasso da terra e ridendo lo lanciò, tra le incitazioni degli altri due.
- Scappiamo!
Gridò Beatrice e scattò, seguita da Shahzaib, attraverso il campo fiorito, piegando con un’ampia curva in direzione del viale di ghiaietta bianca che attraversava il Piccolo Giardino dell’Incanto.
Alle loro spalle gli inseguitori guadagnavano terreno e continuavano a gran voce con le loro urla.
- Guarda come scappano!
- Ora vi pigliamo e vi facciamo passare la voglia di correre! Beatrice e Shahzaib ce la mettevano tutta per non arrivare allo scontro fisico, i Beatrice, poi, faceva fatica a trattenere le lacrime.
Ma ecco che il loro amico Alberto stava arrivando nella loro direzione.
Alberto era famoso in tutta la scuola per essere un genio dell’informatica. Ma aveva anche un fisico massiccio e imponente che bastava da solo a mettere fine a tante i discussioni troppo animate. Non per nulla il suo sogno era diventare da grande il pilone di mischia della squadra di rugby cittadina di cui era un grande tifoso.
La sua apparizione fermò i tre bulletti all’inseguimento, ma non li fece desistere. Anzi, Tiziana iniziò a provocarlo.
- Ecco l’amico di Gianbattista, di Gianbattista…
E tutti e tre cominciarono a emettere suoni che volevano fare il verso alla difficoltà di articolare le parole del compagno sordo che era arrivato in classe solo quell’anno e che sedeva nel banco vicino ad Alberto.
A quelle parole, Alberto cominciò a sentire il prurito nelle mani. Se la prendevano con i suoi migliori amici solo perché uno era straniero, l’altra una ragazzina che non amava né le gonne né il rosa, l’altro ancora perché non riusciva a parlare come loro. I due gruppi si stavano misurando con sguardi taglienti e minacciosi, quando la maestra Giuliana arrivò dal vialetto delle piante aromatiche.
- Dove vi eravate cacciati? Vi sto cercando da mezz’ora! – la maestra studiò i ragazzi – Che cosa sta succedendo qui? Non le era sfuggito che Martino aveva prontamente lasciato cadere un bastone e con un’occhiata aveva colto l’arrabbiatura di Alberto e la paura di Beatrice e Shahzaib. Nessuno voleva rispondere.
- Parlare è l’unico modo per risolvere le cose.
E qui si rivolse a Beatrice che si stava asciugando le lacrime con la manica della felpa.
- Maestra, Martino, Tiziana e Giulio ci stavano inseguendo perché si divertono a spaventarci.
Beatrice aveva parlato tutto d’un fiato.
Alla maestra Giuliana quelle cose non suonavano nuove.
Già da tempo sospettava che qualcosa non andasse, ma Martino e i suoi erano sempre troppo furbi per farsi cogliere sul fatto.
- Maestra, ma non vorrai crederci? – Martino sbuffava come una pentola a pressione – Si inventano tutto! Vero Giulio? Vero Tiziana? Vogliono solo metterci nei guai!
Alberto ascoltò per un po’ prima di decidersi a intervenire.
- Maestra Giuliana, ma li hai sentiti i versi che facevano?
La maestra annuì. Era difficile non sentirli. Stavano urlando! Si fermò un attimo e aprì la bocca per parlare, poi la richiuse e passò in rassegna i visetti dei bambini, che avevano tutti gli occhi puntati su di lei. Parlò con pacatezza, mettendo una mano sulla spalla di Martino.
- Adesso mi seguite fino al chiosco dove gli altri stanno mangiando. Faremo qualcosa insieme e vedrete che staremo tutti meglio. La nostra classe diventerà più forte risolvendo insieme questa brutta situazione.
Questo libro, in distribuzione gratuita nelle scuole primarie della Regione Piemonte, fa parte dei materiali del progetto Move Up Destinazioni alternative, l’iniziativa educativa della Regione Piemonte che ha come obiettivi sia prevenire comportamenti discriminatori e forme di violenza domestica o tra pari, sia favorire l’uso consapevole di Internet.