Fermo e scappa

C’era una volta un ragazzino molto sveglio e che stava sempre in movimento, come una trottola. Andava e veniva in continuazione e correva e saltava… insomma era un vero terremoto. Aveva un solo grande problema al mondo… il suo ridicolo nome. Infatti, si chiamava Fermo.

Vi immaginate? Dovunque andasse, sentiva pronunciare il suo nome. Vigili che vedendo ragazzini in motorino senza casco gridavano “fermo!” e lui si girava pensando che lo stessero chiamando.

Un ragazzino con il suo cane giocavano al parco ed il cane si allontanava troppo? “Fermo!” gridava il ragazzino al cane… e lui ci ricascava! Insomma la faccenda era diventata insopportabile! “Fermo!” – gridava una madre al suo bambino che stava attraversando la strada da solo – e lui sempre si voltava.
Alla fine non ci badava neanche più e tutti quelli che lo chiamavano sul serio pensarono che fosse diventato sordo o che non volesse più avere a che fare con loro.
Un giorno era particolarmente in vena di correre e, correndo correndo, si ritrovò nel bosco.

Un bosco pieno di alberi alti e maestosi. Arrivato in una piccola radura si ritrovò di fronte ad un signore alto, ma così alto, che sembrava un albero pure lui. Anzi, guardandolo bene, Fermo vide che non aveva i piedi e che le sue braccia assomigliavano proprio a rami ed erano pure ricoperte di foglie. La sua voce era bella e profonda e disse: “Ciao, ragazzino. Come ti chiami?” E Fermo rispose: “Il mio nome è Fermo, Signore. E lei? Come si chiama?” “Oh mio caro Fermo, io non ho più un nome! Da quando una strega mi ha trasformato in albero nessuno mi chiama più e vorrei tanto parlare con qualcuno, ogni tanto. E invece, gli unici che mi vengono a trovare sono i cani randagi.

Si avvicinano, alzano la zampa, mi fanno la pipì sui piedi e se ne vanno tutti contenti! Sono felice che tu sia qui, oggi.
Almeno la mia solitudine qui nel bosco è meno grande.” “Signore”, rispose Fermo “io sono molto felice di poterle fare compagnia. Sa, anch’io ho un problema.
Con il nome che ho, non è che sia tanto facile fare conversazione. Ogni volta che mi dicono ‘Fermo’ non so mai se mi stiano chiamando o se vogliono che stia buono.” Il ragazzo e il signor Albero, come Fermo lo chiamò da quel giorno, diventarono grandi amici e si videro spesso.

Parlavano dei tempi in cui il signor Albero era un re rispettato e giusto e di quando, un giorno, egli incontrò la strega cattiva, mentre era nel bosco, e come questa, tramutatasi in ruscello, gli avesse fatto bere dell’acqua avvelenata, che lo tramutò in albero e gli fece dimenticare il suo stesso nome.
Il signor Albero era molto gentile ed educato e non fece mai nessun gioco di parole con il nome del ragazzo. Anzi, evitava di pronunciare ‘fermo’, utilizzando altre parole come “buono” o “quieto” o “stop!” o “alt!” e lo chiamava semplicemente ‘ragazzo’.

A quel tempo, in città, viveva anche una ragazzina molto carina ma anche molto, molto pigra. La sua principale attività era quella di stare in poltrona a leggere favole mangiando enormi gelati. Che disgrazia, però, era il suo nome! Difatti, ella si chiamava Scappa. Ve lo immaginate? Quando un ragazzino senza casco passava davanti ad un vigile, il suo compagno gli gridava “scappa!” e lei si girava.

Quando un altro tirava la palla al suo cane per fargliela prendere e gli diceva “scappa!” lei ci ricascava… Insomma, anche lei non ne poteva più! Un giorno Scappa, vincendo per una volta la sua innata pigrizia, si mise a passeggiare senza meta, pensando al destino che gli aveva dato un nome così ridicolo.

Camminando camminando, Scappa si ritrovò proprio nel bosco, mentre Fermo stava parlando con il signor Albero. Fermo, sentendo il rumore che i passi di lei facevano sulle foglie cadute si voltò, pensò che non aveva mai visto una ragazzina più carina di quella e se ne innamorò subito. Lei pure si disse che quel ragazzino con gli occhi grandi non era per niente male, anzi!. Fermo disse: “Ciao, io sono Fermo e tu?” E lei: “Lo vedo che sei fermo, mica sono scema, come ti chiami, piuttosto?” “Ehi, non cominciamo!” – disse lui – “Non stavo dicendo che sono immobile. Il mio nome è Fermo. E il tuo?” “Scappa” rispose lei semplicemente. Non lo avesse mai detto! Fermo fuggì terrorizzato, pensando che dietro di lui ci fossero un lupo o un orso o tutte e due gli animali feroci assieme. Lei gli gridò dietro: “Ma dove vai? E’ il mio nome! Scappa è il mio nome!” Fermo tornò indietro, si guardarono negli occhi e si misero a ridere e risero tanto che anche il signor Albero, che era sempre molto serio, iniziò a ridere.
Nel farlo muoveva le braccia e le foglie facevano un bellissimo rumore, come di campanelle. Parlarono e risero a lungo dei loro nomi. Si prendevano in giro e più lo facevano più si innamoravano l’uno dell’altra.
Il signor Albero suggerì loro di fare una cosa che gli innamorati facevano da tempo immemorabile. Incidere nella corteccia del suo lunghissimo tronco i loro nomi. Essi lo fecero e Scappa, per finire, disegnò un bellissimo cuore intorno ai nomi, attraversato da una lunga freccia. Appena ebbe finito, si alzò un vento fortissimo, tanto forte che la polvere sollevata entrò negli occhi di tutti e due i ragazzini, impedendogli di vedere. “Fermo!” chiamò lei e lui rispose: “Non scappo mica via, Scappa!”. “Voglio rimanere con te, Fermo!” “Ma se ti ho detto che non scappo, Scappa!”… e sarebbero andati avanti così per un sacco di tempo fino a che il vento cessò di colpo e, aprendo gli occhi si ritrovarono mano nella mano… e videro che il signor Albero non c’era più… Era sparito! Al suo posto c’era un signore molto meno alto con i piedi, le braccia ed una bellissima corona in testa. “Grazie, ragazzi” – disse – “con il vostro amore mi avete salvato.
Il sortilegio della strega è stato sconfitto per sempre” disse il signore. Poi, con un inchino, si presentò. “Io sono Re Sta e, per favore, non cominciate a dire – resta qui o resta lì, fermo là o scappa su – altrimenti mi viene subito il mal di testa”.
Erisero di nuovo a crepapelle tutti e tre. Ritornarono insieme in città, dove il Re Sta riprese a fare il re e Fermo e Scappa, avendo capito che non è il nome che fa una persona, ma quello che c’è dentro di essa, dopo tanto tempo si sposarono ed ebbero due bambini. Uno lo chiamarono Su e l’altro Giù.
Ma questa è un’altra storia…

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